Con il d.lgs. 24/2023 (cd. Decreto Whistleblowing), l’Italia ha finalmente recepito la Direttiva (UE) 2019/1937 in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative nazionali.
Il whistleblowing diventa finalmente realtà per il nostro ordinamento. Tuttavia, sia nel settore pubblico che in quello privato, erano già previste delle forme di tutela per i soggetti che avessero segnalato illeciti di cui fossero venuti a conoscenza nel corso della propria attività lavorativa.
In particolare, nel settore pubblico, la regolamentazione era stata introdotta dall’art. 54-bis del D. Lgs. 165/2001, che disponeva espressamente il divieto di ripercussioni di qualsisi tipo per il pubblico dipendente che segnalasse al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, all’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) o, ancora, all’Autorità giudiziaria, condotte illecite da lui apprese.
Con riferimento al settore privato, invece, la disciplina era stata introdotta dalla legge 179/2017, che, oltre a riformare il sopracitato art. 54-bis, aveva, altresì, previsto che le società del settore privato provviste di modelli organizzativi si dotassero obbligatoriamente di canali di segnalazione delle condotte illecite ritenute rilevanti ai sensi di tale normativa, garantendo, al contempo, il divieto di atti ritorsivi o discriminatori nei confronti del segnalante per la segnalazione effettuata.
Il d.lgs. 24/2023 ha, tuttavia, abrogato le citate disposizioni e imposto una rilettura della disciplina, affidando allo strumento della segnalazione una primaria rilevanza nella prevenzione delle violazioni normative e assicurando ai segnalanti una più penetrante tutela.