E’ sufficiente la mancata previsione del rischio da parte del datore di lavoro ai fini della attribuzione della responsabilità del sinistro verificatosi in azienda. Così si è pronunciata la Corte di cassazione con la sentenza n. 17617/2023.
La Corte di Appello di Bari, ribaltava la sentenza del Tribunale di Foggia che assolveva un soggetto dal reato previsto e punito dall’art. 589 co.2 c.p. Nel caso in esame, si trattava di un infortunio, a seguito del quale, un impiegato di un’azienda agricola, perdeva la vita scivolando e annegando in una vasca di raccolta dell’acqua profonda.
La Corte di Appello considerava viziato il ragionamento del giudice di prime cure, sottolineando come la sentenza del Tribunale si fosse discostata dai consolidati principi in materia di infortuni sul lavoro. In particolare, il datore di lavoro avrebbe omesso di somministrare al dipendente idonee informazioni sulla pericolosità dei luoghi e sulla messa in sicurezza di alcune aree a rischio. Viene inoltre considerata eccentrica la condotta del lavoratore deceduto.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione. La principale deduzione sollevata è la violazione ed erronea applicazione di legge in ordine all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato.
La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, confermando la condanna a carico dell’imprenditore per il decesso del lavoratore, partendo dall’assunto per cui è sufficiente la mancata previsione del rischio ai fini della attribuzione della responsabilità del sinistro verificatosi in azienda.
La Corte ha sottolineato come la vasca nella quale sarebbe scivolato il deceduto lavoratore, era sprovvista delle adeguate recinzioni o di accorgimenti idonei a scongiurare tale ipotesi (art. 28 d.lgs. 81/08).
Inoltre, i giudici di legittimità hanno affermato come la causa del decesso del lavoratore fosse riconducibile all’imputato, in quanto non aveva considerato il rischio e, di conseguenza, non aveva tempestivamente informato il lavoratore.
Infatti, come la costante giurisprudenza ha affermato, la mancanza di informazioni circa i pericoli mortali è determinante ai fini del verificarsi dell’evento. Inoltre, i profili inerenti alla mancata previsione del rischio ed alla inadeguata formazione del lavoratore, assumono un’importanza centrale, superando ogni rilievo difensivo in ordine al prospettato volontario comportamento serbato dalla vittima.
Contrariamente, il datore di lavoro va esente da responsabilità solamente nel caso in cui il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (così Cass. Pen. IV sez. 21587/2007).
In aggiunta a ciò, si ricorda come la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in caso di criticità della sicurezza, non ha mai funzione esimente in favore dei destinatari delle norme di sicurezza: lo scopo di queste ultime è infatti proprio quello di tutelare il lavoratore anche da condotte colpose, dovendo il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli (Cass. Pen. IV sez. 10265/2017; Cass. Pen. IV sez. 22813/2015).