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Il sequestro e la contestazione dell’illecito 231

È legittimo il sequestro di quote di una società cooperativa agricola a cui sono stati contestati degli illeciti amministrativi, previsti dal d.lgs. 231/2001, dipendenti dal reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla commissioni di attività fraudolente e contrarie all’economia pubblica.

La Corte di Cassazione, sez. III, si è pronunciata in questo modo con la sentenza n. 47810/2022.

Nel caso in esame, una società veniva accusata di aver posto in essere varie attività in modo fraudolento, con il fine di vendere bottiglie di vino da tavola comune come vino “doc”.

Alla società venivano contestati gli illeciti amministrativi previsti dagli artt. 25 bis, comma 1, lett. a) – il quale prevede la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote in relazione al reato di falsità in monete, carte di credito, valori di bollo e strumenti o segni di riconoscimento (art. 453 c.p.) – e 24 ter, comma 2, i quale punisce l’ente con la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote relativamente alla commissione del reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.).

Tali reati sono stati ritenuti dipendenti dall’associazione per delinquere allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro l’economia pubblica, ovvero di frodi nell’esercizio del commercio di uve mosti e vini, contraffazione di indicazioni geografiche e denominazioni di origine.

Secondo la Corte di legittimità il ricorso della difesa, avverso l’ordinanza che dispone il sequestro, è inammissibile poiché il sequestro è preordinato alla confisca e si basa sulla circostanza che la cantina si trova in uno stato di dissesto.

Sul punto non può assumere rilevanza la circostanza dell’avvenuto mutamento degli organi gestori, essendo rimasta invariata la compagine societaria e dovendosi considerare il lungo arco di tempo in cui le condotte si sono esplicitate, senza alcun controllo effettivo.

Le nuove misure organizzative da ultimo adottate appaiono, stando alla Suprema Corte, poco affidabili e, comunque, inidonee a scongiurare la dispersione del patrimonio, emergendo, pertanto, la chiara necessità di realizzare un effetto anticipatorio della futura confisca.

Lo stesso d.lgs. 231/2001, all’art 53, prevede che “Il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell’art. 19. Richiama poi le relative norme del codice di procedura penale (art. 321 e ss. c.p.p.), in quanto applicabili.

Inoltre, per la Cassazione è corretta anche la determinazione dell’importo sottoposto a misura patrimoniale: “il profitto è stato individuato attraverso la stima dei corrispettivi conseguiti dalle vendite dei vini ceduti in frode e quindi, sulla base della differenza tra quanto incassato dalla vendita fraudolenta e quanto invece la Cantina avrebbe incassato se avesse commercializzato analoghi quantitativi come vini da tavola comuni, come avrebbe dovuto fare”.

Da ultimo, va fatta una riflessione in merito al recente comma 1-bis, introdotto dal decreto in materia di imprese di interesse strategico nazionale (d.l. 2/2023).

In particolare, è stato previsto che, nel momento in cui si procede a un sequestro di stabilimenti industriali (o parti di essi) dichiarati di interesse strategico nazionale, il giudice può disporre la prosecuzione dell’attività mediante un amministratore giudiziario, dettando le prescrizioni necessarie utili a bilanciare due esigenze: la continuità aziendale da un lato, la salvaguardia dell’occupazione e la sicurezza sul posto di lavoro dall’altra.

Tuttavia, tale previsione non si applica quando dalla prosecuzione possa derivare un concreto pericolo per la salute, l’incolumità pubblica o la sicurezza

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