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Il Modello 231 e il Codice etico sono complementari

Nelle società commerciali il Codice etico costituisce il necessario completamento del Modello di organizzazione, gestione e controllo dell’ente, in quanto documento aziendale diretto ad individuare, in riferimento all’etica e ai valori che ispirano l’impresa, diritti, doveri e responsabilità di tutti coloro che partecipano alla realtà aziendale.

La Corte di Cassazione, II sezione civile, con l’ordinanza n. 23427 dello scorso 1 agosto, si è di recente pronunciata sul ruolo del Codice etico all’interno delle organizzazioni aziendali, affermandone la sua funzione complementare rispetto al Modello organizzativo.

L’ordinanza in esame, interveniva nel giudizio di impugnazione del recesso di una società da un contratto di prestazione d’opera professionale.

Il Tribunale, infatti, aveva ritenuto il Codice etico alla stregua di uno “strumento di controllo preventivo della correttezza del comportamento dei soggetti operanti all’interno ed in favore dell’ente”, inidoneo a generare alcun diritto azionabile nei confronti dell’impresa perché “era destinato a regolare i rapporti tra azienda e personale e non tra azienda e fornitori” (art. 2 dello stesso Codice).

Di contro, il ricorrente, lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.lgs. 231/2001 e dell’art. 2381 c.c., eccependo l’avvenuta violazione del Codice etico da parte dell’impresa. In particolare, adduceva come motivazione il fatto che questo non dovesse applicarsi unicamente all’azienda ma anche esternamente, a soggetti quali fornitori o, come nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, a collaboratori o soggetti che intrattengano rapporti commerciali con l’azienda.

Stando al ricorrente, il Tribunale non avrebbe considerato il contenuto concreto del codice di comportamento per come era stato richiamato in citazione, in quanto sarebbe a tutti gli effetti un atto unilaterale vincolante.

Inoltre, il Tribunale, dalla lettura di una norma del codice etico, avrebbe erroneamente considerato i collaboratori come principali destinatari del codice stesso, valutato come vincolante soltanto nei rapporti tra aziende e personale e non già tra azienda e terzi fornitori. Inoltre, stando al Giudice di merito non si poteva ricavare nessun riferimento per cui i consulenti sarebbero destinatari del Codice etico.

Tralasciando la questione relativa al ricorso proposto, la Cassazione ha pronunciato un interessante principio per cui, il Codice etico sarebbe da considerare come complementare al Modello 231 e che, dunque, quest’ultimo non sarebbe pienamente efficace in assenza del primo, rappresentando questo a tutti gli effetti un documento aziendale diretto ad individuare, principi etici e valori ispiratori dell’impresa, oltre a diritti e responsabilità di chi partecipa alla realtà aziendale.

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