La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza della Terza Sezione Penale, n. 32110 del 2023, è tornata a pronunciarsi sul tema della rappresentanza dell’ente in giudizio.
Nel caso di specie, il Tribunale della Libertà aveva emesso un’ordinanza con cui veniva dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse dell’ente e del proprio legale rappresentante avverso un decreto di sequestro preventivo.
Avverso tale citata ordinanza, veniva proposto ricorso per Cassazione, ove il ricorrente, affidandosi a tre motivi, lamentava, oltre all’errata applicazione della legge circa la dichiarata inammissibilità del gravame per carenza di interesse dell’indagato istante, anche la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si affermava la mancanza di legittimazione in capo al difensore dell’ente per limitatezza della nomina, nonostante questa fosse stata conferita dall’indagato per la difesa propria e della società, nonché l’errata applicazione degli artt. 591, comma 1, lett. a) e 568, comma 4, cod. proc. pen., con riferimento all’inammissibilità del gravame per carenza di legittimazione del difensore dell’ente i cui beni sono stati oggetto di sequestro, sul presupposto della mancanza di procura speciale.
I giudici di legittimità, chiamati a rispondere alle illustrate doglianze, hanno ritenuto il ricorso inammissibile sulla scorta del fatto che tanto il legale rappresentante quanto l’ente erano indagati nel medesimo procedimento, rispettivamente, per l’illecito penale di cui all’art. 2 D. Lgs. n. 74/2000 e per la violazione di cui agli artt. 5, lett. a) e 25-quinquiesdecies del D. Lgs. 231/2001.
Gli Ermellini, difatti, richiamando il consolidato precedente giurisprudenziale già affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza Gabrielloni, hanno statuito che, in tema di responsabilità da reato degli enti, il legale rappresentate che sia indagato o imputato del reato presupposto, come nella vicenda de qua, non può provvedere, a causa della condizione di incompatibilità in cui versa, alla nomina del difensore dell’ente, in ossequio al generale e assoluto divieto di rappresentanza di cui all’art. 38 del D. Lgs. 231/2001.
Di conseguenza il modello organizzativo dell’ente deve prevedere regole cautelari per le possibili situazioni di conflitto di interesse del legale rappresentante che si trovi nella qualità di indagato per il reato presupposto, così da munire l’ente di un difensore che verrà nominato da un soggetto specificamente delegato, affinché tuteli i suoi interessi.
Di talché, concordemente con quanto deciso dal Tribunale del Riesame, la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal legale rappresentante, indagato per il reato presupposto, è stata correttamente ritenuta inammissibile.