A seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 36/2023), ha assunto una sempre maggiore rilevanza il concetto di reputazione dell’impresa e dell’operatore economico che partecipa ad una gara.
Si è passati, sostanzialmente, da un sistema di qualificazione e selezione dei contraenti di tipo “statico” basato, esclusivamente, sulla valutazione di requisiti formali degli operatori economici, ad un sistema di tipo “dinamico”, che sposta l’attenzione sui requisiti di tipo reputazionale, legati soprattutto alla virtuosità dell’impresa.
Il sistema di premialità e penalità previsto dall’art. 109 del nuovo Codice, fa esplicito riferimento a requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili. Insieme a questi, si dà grande rilevanza all’indice di affidabilità dell’impresa in fase di esecuzione del contratto, che si evince, ad esempio, dal rispetto della legalità, l’impegno sul piano sociale e l’assetto organizzativo adottato.
La reputazione delle imprese
Il nuovo l’art. 109, derubricato “Reputazione dell’impresa”, dispone che venga istituito presso l’ANAC un sistema digitale di monitoraggio delle imprese, che mediante una serie di indicatori, valuti la reputazione dell’ente ed il rispetto di una serie di requisiti.
Sulla scorta del dettato normativo, si può intuire come, al fine di essere ritenuti operatori economici affidabili, sia necessario essere in possesso di una serie di requisiti fra i quali, ad esempio, un Modello Organizzativo correttamente adottato e calato nella realtà aziendale di riferimento, oltre al possesso del rating di legalità.
Inoltre, anche l’art. 106, comma 8, attribuisce alla stazione appaltante un potere discrezionale nel valutare la riduzione della garanzia che la società deve prestare (fino al 20% dell’importo), allorquando l’operatore economico possegga una serie di certificazioni espressamente richiamate del nuovo Codice degli Appalti: ad esempio, la UNI ISO 37301 del 2021 in tema di sistemi di gestione per la compliance, che valorizza quelle società che sono in possesso del rating di legalità e che hanno adottato un Modello Organizzativo 231.
L’importo della garanzia, inoltre, può essere ulteriormente ridotto del 50% per le micro, piccole e medie imprese: a questa riduzione, si deve sommare quella del 10%, conseguente alla presentazione di una fideiussione telematica, e quella del 20% per l’ente dotato di modello 231 e in possesso del rating di legalità.
La reputazione delle stazioni appaltanti
A seguito dell’approvazione del nuovo Codice, è nato un vero e proprio sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, come requisito obbligatorio per bandire le gare di lavori sopra i 500mila euro e quelle di servizi sopra i 140mila.
A partire dall’anno nuovo, la qualificazione sarà indispensabile per le stazioni appaltanti per potere operare, proprio in forza dell’entrata in vigore dell’E-procurement.
A livello statistico, a inizio ottobre (a tre mesi dall’entrata in vigore del Codice) erano ben 3.138 le stazioni appaltanti qualificate.
Il Presidente di ANAC Busia ha commentato così:
“Direi che siamo marciando nella direzione giusta. Il grosso delle stazioni che hanno richiesto la qualificazione, l’hanno raggiunta. I numeri possono sembrare non altissimi poiché molte stazioni appaltanti non hanno avuto l’esigenza di richiederla subito. Ci sono elementi che giustificano una graduazione di questa richiesta della qualificazione. Innanzitutto, l’esclusione del Pnrr e la soglia dei 500.000 euro sopra la quale è necessario qualificarsi. Nel complesso il mio giudizio è positivo. Il processo sta andando avanti. Il numero crescerà ancora. Ci stiamo avvicinando ad un numero ragionevole e realistico. Molte stazioni appaltanti capiranno la ragionevolezza di appoggiarsi a chi è più forte e qualificato per fare acquisti. Quella che stiamo portando avanti è una rivoluzione culturale che renderà l’Italia più moderna, di livello europeo, efficiente e in grado di fare in fretta e bene le gare e gli appalti”. (dal sito ANAC)
Il rating di legalità
Il rating di legalità viene attribuito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato alle imprese che ne fanno richiesta e che rispettano i requisiti previsti dal Regolamento attuativo di cui alla Delibera AGCM del 12 novembre 2012, n. 13779) ossia:
- sede operativa in Italia;
- fatturato minimo di due milioni di euro;
- iscrizione nel registro delle imprese da almeno due anni.
Tuttavia, proprio per il requisito economico del fatturato, non tutte le imprese che operano sul mercato possono vedersi riconosciuto il rating di legalità per accedere al sistema di certificazione istituito presso ANAC dall’art.109.
Per questo motivo – e per queste imprese – il nuovo Codice degli appalti ha stabilito un ulteriore requisito: avere adottato ed implementato un Modello 231.
Va sottolineato che, il rating di legalità non viene più citato espressamente né tra i criteri premiali, né nell’art. 109. L’ANAC, nelle indicazioni operative, darà dovrà effettuare un bilanciamento tra gli elementi informativi che confluiscono nel fascicolo virtuale, tenendo conto, fra i vari elementi, di questo aspetto che, tuttavia, non sarà l’unico da valutare.
L’art. 222 comma 7, inoltre, stabilisce che il rating di legalità “concorre anche alla determinazione della reputazione dell’impresa di cui all’art. 109”. Ciò significa che c’è una differenza sostanziale fra il rating di legalità ed i requisiti legati alla reputazione dell’impresa. Dall’altro lato, tuttavia, lo stesso va considerato – così come il modello 231 – come elemento imprescindibile per accedere ad una serie di benefici premiali previsti dal nuovo Codice.
Il Rating ed il Modello, soprattutto in questo contesto, diventano sempre di più indice di affidabilità dell’impresa: in un settore come quello degli Appalti e delle gare ad evidenza pubblica, la reputazione di un’impresa è elemento imprescindibile nella valutazione e nella scelta dell’operatore economico.