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Revisione della sentenza di condanna dell’ente in caso di assoluzione dell’autore-persona fisica del reato presupposto

Non sussiste contrasto tra giudicati ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p. tra la sentenza dichiarativa della responsabilità dell’ente ai sensi del D. Lgs 231/2001 e la sentenza di assoluzione dell’imputato del reato presupposto pronunciata in un diverso procedimento, nel caso in cui, in quest’ultimo, sia stata accertata la ricorrenza del fatto illecito, discendendo l’inconciliabilità dei giudicati solo dalla negazione del fatto storico su cui essi si fondano e non dalla mancata individuazione del suo autore, posto che la responsabilità dell’ente ex art. 8 del citato d.lgs. sussiste pur nel caso in cui l’autore del reato non venga identificato.

Questo il principio di diritto enunciato dalla Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 43813 del 2023.

La vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte traeva origine dal ricorso proposto da un consorzio a seguito della dichiarata inammissibilità, da parte della Corte territoriale di Trieste, di un’istanza di revisione della sentenza di condanna pronunciata nei confronti dello stesso per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies, commi 1 e 2 D. Lgs. 231/2001 per l’omicidio colposo di un lavoratore, commesso dai soggetti apicali del consorzio, conseguendo un vantaggio per l’ente consistito nel sensibile risparmio di spesa determinato dalla mancata attuazione delle specifiche cautele antinfortunistiche richieste.

Con uno dei motivi di ricorso il consorzio si doleva della violazione di legge e del vizio di motivazione per non avere, la Corte di appello, erroneamente rinvenuto un’ipotesi di contrasto tra giudicati a seguito dell’intervenuta sentenza assolutoria nei confronti delle persone fisiche imputate del reato presupposto, il ché avrebbe, pertanto, fatto venire meno il reato presupposto medesimo, elemento indefettibile e irrinunciabile per l’affermazione della responsabilità in capo all’ente.

Giova precisare che, ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p., il contrasto di giudicati che legittima la revisione deve essere tale da dimostrare, rispetto alla sentenza di condanna, una diversa realtà fattuale irrevocabilmente accertata in altra sentenza e non si ravvisa, invece, quando il contrasto è inerente alla valutazione dei fatti o all’interpretazione delle norme processuali in relazione all’utilizzabilità di una determinata fonte di prova.

I giudici di legittimità, chiamati ad analizzare la questione, partendo dall’interpretazione della norma in oggetto, hanno innanzitutto chiarito come non sia prevista la possibilità di rivalutare lo stesso fatto, la cui oggettività è indiscussa, per via di una diversa interpretazione della norma penale operata in una differente sentenza a carico dei coimputati, con riferimento all’utilizzabilità di una fonte di prova, come nel caso di specie, in cui l’assoluzione delle persone fisiche è discesa dalla ritenuta inutilizzabilità degli esiti dell’esperimento giudiziale effettuato dai Vigili del Fuoco.

Principi, questi ultimi, che trovano applicazione anche nei confronti degli enti.

Pertanto, gli Ermellini, in conformità con la granitica giurisprudenza di legittimità, hanno affermato che, nel caso in oggetto, non si ravvisa alcuna ipotesi di inconciliabilità tra i giudicati la quale, si ribadisce, implica un’oggettiva incompatibilità tra diverse realtà fattuali e non una diversa valutazione probatoria del medesimo fatto come avvenuto nella vicenda de qua in cui non vi è stata la negazione del fatto storico su cui entrambe le sentenze si fondano.

Dall’intervenuta assoluzione delle persone fisiche, imputate in precedenza come autrici del reato presupposto da cui è disceso l’illecito amministrativo per cui è stato condannato l’ente, ne consegue la mancata individuazione degli effettivi responsabili del reato. Tuttavia, ai sensi dell’art. 8 D. Lgs. 231/2001 la responsabilità dell’ente sussiste pur nel caso in cui l’autore del reato non risulti identificato.

Con tale pronuncia i giudici di legittimità, affermando il suindicato principio di diritto, hanno così confermato quanto già enunciato con la sentenza n. 10143/2023, già analizzata in precedenza, in cui si affermava che in tema di responsabilità da reato ex D. Lgs. 231/2001, all’assoluzione della persona fisica, imputata del reato presupposto per una causa diversa dall’insussistenza di quest’ultimo, non discende automaticamente l’esclusione della responsabilità dell’ente poiché questa, ai sensi dell’art. 8 D. Lgs. 231/2001 il quale disciplina l’autonomia della responsabilità dell’ente, deve essere affermata anche nel caso in cui l’autore del reato suddetto non sia stato identificato.

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