Il luogo di consumazione del reato di aggiotaggio informativo va individuato in quello in cui si è verificata la prima “diffusione” delle notizie false, questo inteso come quello in cui la condotta ha assunto connotati di concreta lesività, manifestando attraverso l’oggettiva percepibilità delle notizie false, la sua pericolosità per il normale corso dei titoli cui esse si riferiscono”.
Con sentenza n. 43638 del 6 settembre 2023 (dep. 27 ottobre 2023), la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione è intervenuta in tema di competenza territoriale del reato di aggiotaggio informativo, sanzionato dall’art. 185, comma 1, D.Lgs. 58/1998.
Il Gup presso il Tribunale di Torino, con ordinanza del 10 maggio 2023, nell’ambito di un processo nel quale agli imputati si contestavano più reati tra i quali il delitto in questione, in ragione della complessità del profilo dell’individuazione del “locus commissi delicti”, rimetteva la soluzione alla Suprema Corte anche in considerazione del contrasto interpretativo in materia, attivando l’istituto del rinvio pregiudiziale disciplinato dall’art. 24 bis c.p.p. – inserito nel codice di rito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 150 del 2022.
Il giudice rimettente ha sottolineato correttamente che la statuizione della Cassazione avrebbe inciso anche sul profilo della competenza territoriale, essendo l’aggiotaggio il reato più grave tra quelli contestati.
Il percorso motivazionale dei giudici di legittimità merita un approfondimento particolare considerato anche il coinvolgimento di un ente cui è riferita la responsabilità amministrativa per gli illeciti di cui agli artt. 5 e 25 ter del D. Lgs. n. 231/2001.
Il delitto di aggiotaggio informativo è reato di mera condotta, che si consuma nel momento in cui ha luogo la diffusione della notizia falsa ed in riferimento alla quale deve essere valutata la sua idoneità a produrre concretamente effetti distorsivi del mercato (Sez. 5, n. 40393 del 20/06/2012): perciò, perfezionandosi il reato nel momento in cui la notizia foriera di scompenso valutativo del titolo esce dalla sfera dell’autore della condotta, la competenza territoriale si radica nel luogo in cui si è consumata la prima diffusione della notizia medesima (Sez. 5, n. 28932 del 04/05/2011).
Già nel 2018, con sentenza n. 53437, sempre la V Sezione della Suprema Corte aveva precisato che il delitto previsto dall’art. 185 T.U.F., oltre ad essere un reato di mera condotta, è reato di pericolo concreto, dunque, l’idoneità lesiva della condotta deve essere accertata sulla base del criterio della prognosi postuma, ossia verificando se, con riferimento all’intera platea degli investitori, gli effetti decettivi dei fatti comunicativi, prevedibili in concreto ed “ex ante”, siano stati potenzialmente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di mercato del titolo rispetto a quello determinato in un corretto processo di formazione dello stesso.
Ciò comporta che, per la realizzazione del delitto di manipolazione del mercato, non è sufficiente la diffusione di notizie false, ma è necessario, altresì, che la stessa sia concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari. E’ proprio in tale idoneità che si concretizza la messa in pericolo dell’interesse tutelato, costituito dal corretto ed efficiente andamento del mercato al fine di garantire che il prezzo del titolo nelle relative transazioni rifletta il suo valore reale e non venga influenzato da atti o fatti artificiosi o fraudolenti.
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha statuito: “sul versante specifico degli accertamenti richiesti ai fini della determinazione del momento consumativo del reato occorre “che la verifica del requisito di “idoneità” della falsa notizia a produrre gli effetti distorsivi sul mercato finanziario sia attuata in termini di concretezza, come impone la norma, ma abbia comunque il suo riferimento cronologico al momento terminale del comportamento commissivo sub iudice”.
In caso di manipolazione informativa, la comunicazione mendace realizza la sua potenzialità lesiva non prima di essere giunta al luogo di diffusione delle informazioni in grado di incidere sul mercato dei titoli; “non basta, in altre parole, che il comunicato stampa esca dalla sfera di controllo dell’emittente, esso deve giungere a destinazione” (Sez. 2, n. 12989/13). “Giungere a destinazione” non significa avvenuta percezione o ricezione della comunicazione mendace da parte dei potenziali investitori nel titolo, ma solo che la sequenza degli atti che assicura la successiva conoscenza del comunicato, mediante la diffusione, è pervenuta a compimento.
Ciò in linea con la natura di reato di pericolo concreto dell’aggiotaggio informativo, che realizza la propria idoneità lesiva rispetto al corretto ed efficiente andamento del mercato del titolo non appena le notizie in grado di alterarne in maniera significativa il prezzo diventino oggettivamente percepibili dagli operatori del mercato stesso