REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 25)
– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo
Introduzione
La norma è il frutto di un progressivo ampliamento delle ipotesi di reato, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore della legge 190/2012, quando il legislatore ha ritenuto opportuno inasprire il trattamento sanzionatorio per questi reati.
Nell’originaria impostazione del 2001, l’art. 25 si fondava sul binomio corruzione-concussione: erano state previste infatti le fattispecie di concussione, corruzione impropria, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari.
Solo nel 2012, come detto, vennero inseriti nuovi reati contro la pubblica amministrazione, fra cui l’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319quater c.p.) e la corruzione fra privati (2635 c.c.), poi spostato nell’art. 25 ter.
A fronte di questa modifica, la condotta del soggetto apicale o sottoposto che, pur a seguito di un comportamento abusivo o di pressione morale, presti acquiescenza alle richieste del pubblico ufficiale potrà determinare, ove ricorrano i presupposti, la responsabilità dell’ente.
Ulteriori modifiche sono state apportate con la legge n. 3/2019 (“spazzacorrotti”) che ha ampliato il perimetro della responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai delitti contro la pubblica amministrazione. In particolare, è stato inserito il delitto di traffico di influenze illecite (art. 346 c.p.): in questo modo si è voluto sanzionare la condotta del mediatore che metta in contatto il pubblico ufficiale ed il privato, creando le condizioni per il verificarsi del reato di corruzione. In questo modo è stata estesa, soprattutto, in via preventiva, la punibilità del soggetto apicale o sottoposto che operi nell’interesse o vantaggio dell’ente il quale, in assenza di un modello organizzativo correttamente adottato, abbia posto in essere fattispecie corruttive.
Con l’ultimo e più recente intervento legislativo del 2020, il legislatore ha voluto punire il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, incaricato direttamente o indirettamente della gestione di un fondo, se ne appropri e ne muti la destinazione.
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I reato presupposto
I reati presupposto di cui all’art. 25 del D. Lgs. 231/2001 (“Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio”) sono:
– l’art. 317 c.p.: concussione;
– l’art. 318 c.p.: corruzione impropria;
– l’art. 319 c.p.: corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio;
– l’art. 319ter c.p.: corruzione in atti giudiziari;
– l’art. 319quater c.p.: induzione indebita a dare o promettere utilità;
– 321 c.p.: corruzione attiva;
– l’art. 322 c.p.: istigazione alla corruzione;
– l’art. 346bis c.p.: traffico di influenze illecite
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Trattamento sanzionatorio
In relazione a questi reati, puniti singolarmente con pene diverse, si applica all’ente la sanzione pecuniaria:
– fino a 200 quote per le ipotesi di corruzione, istigazione alla corruzione e traffico illecito di influenze, peculato e abuso d’ufficio;
– da 200 a 600 quote per le ipotesi di corruzione attiva e passiva per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari ed istigazione alla corruzione;
– da 600 a 800 quote per le ipotesi di concussione, corruzione aggravata, corruzione in atti giudiziari e induzione a dare o promettere utilità
In questi ultimi due casi di possono irrogare le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2, che variano a seconda dell’autore del reato presupposto. All’ente, potrà essere applicata la sanzione interdittiva:
– da 4 a 7 anni se il reato è stato commesso da un soggetto apicale;
– da 2 a 4 anni se è stato posto in essere da un soggetto sottoposto.
Si tratta di un sistema sanzionatorio decisamente gravoso per l’ente, frutto della riforma del 2019 che mina a mettere a rischio l’incolumità e la sopravvivenza dell’ente stesso.
È stata anche prevista, nell’ottica dello stick and carrot approach, al comma 5 bis, l’ipotesi di collaborazione con l’Autorità Giudiziaria. Se, prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione di un Modello organizzativo idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni avranno durata compresa fra i 3 mesi e i due anni.
Ulteriori istituti premiali rilevanti sono quello previsto dall’art. 78 (conversione della sanzione interdittiva in pecuniaria a fronte della realizzazione di condotte collaborative, risarcimento del danno o adozione postuma del Modello) e dall’art. 17 (riduzione della sanzione pecuniaria a seguito del risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, adozione postuma del Modello o eliminazione delle carenze organizzative).
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Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo
In relazione a tali fattispecie, si possono ritenere più che valide le Linee Guida di Confindustria del 2021. Assumono rilevanza penale, a tal fine, la partecipazione a gare dirette alla vendita di beni o servizi finalizzati alla realizzazione di beni a favore della pubblica amministrazione o l’erogazione del servizio e/o prestazione contrattuale.
Le aree di maggior rischio, tenuto conto delle dimensioni e dell’attività dell’ente, potrebbero essere:
– il monitoraggio delle offerte economiche relative alle gare e dalle trattative private con la p.a.;
– il monitoraggio delle fasi evolutive dei procedimenti di gara o di negoziazione diretta;
– verifiche delle funzioni azionali distinte da quella commerciale, sull’effettiva erogazione delle forniture;
– controlli sui collaboratori esterni della congruità delle provvigioni pagate rispetto a quelle praticate nell’area geografica di riferimento;
– la gestione dei rapporti con i terzi;
– due diligence periodiche per monitorare eventuali situazioni sospette;
– l’inserimento di regole di condotta da adottare nelle relazioni con i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.
La conformità del modello alle linee guida di Confindustria costituisce un elemento fondamentale nel giudizio di congruità dello stesso. È evidente poi che, con riferimento a questo reato presupposto, sarà ideale una cd. “compliance integrata”, coordinata con la normativa 190/2012, fondata proprio sul principio della prevenzione mediante organizzazione. A tal fine rileveranno:
– l’analisi del contesto societario ed individuazione delle aree a maggior rischio;
– l’introduzione di un sistema di controlli integrato fra la normativa 231/2001 e quella 190/2012;
– l’integrazione del codice di comportamento con particolare attenzione sui comportamenti rilevanti ai fini della prevenzione della corruzione;
– un sistema di verifica c della eventuale sussistenza di incompatibilità di incarichi di amministratore o incarichi dirigenziali;
– l’introduzione di un sistema di whistleblowing;
– la definizione dei contenuti, dei destinatari e delle modalità di erogazione della formazione in materia preventiva della corruzione da integrare con i presidi già esistenti.