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CATALOGO 231: i delitti contro la pubblica amministrazione (art. 25)

 REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 25)

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

Introduzione

I reati contro la pubblica amministrazione (art. 25) costituiscono il nucleo centrale del catalogo dei reati presupposto, sia per origini storiche – essendo stati inseriti quasi contestualmente all’entrata in vigore del decreto – che per applicazione pratica, poiché, in questo ambito, rappresentano uno dei più rilevanti campi di applicazione della responsabilità amministrativa degli enti.

La norma è il frutto di un progressivo ampliamento delle ipotesi di reato, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore della legge 190/2012, quando il legislatore ha ritenuto opportuno inasprire il trattamento sanzionatorio per questi reati.

Nell’originaria impostazione del 2001, l’art. 25 si fondava sul binomio corruzione-concussione: erano state previste infatti le fattispecie di concussione, corruzione impropria, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari.

Solo nel 2012, come detto, vennero inseriti nuovi reati contro la pubblica amministrazione, fra cui l’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319quater c.p.) e la corruzione fra privati (2635 c.c.), poi spostato nell’art. 25 ter.

A fronte di questa modifica, la condotta del soggetto apicale o sottoposto che, pur a seguito di un comportamento abusivo o di pressione morale, presti acquiescenza alle richieste del pubblico ufficiale potrà determinare, ove ricorrano i presupposti, la responsabilità dell’ente.

Ulteriori modifiche sono state apportate con la legge n. 3/2019 (“spazzacorrotti”) che ha ampliato il perimetro della responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai delitti contro la pubblica amministrazione. In particolare, è stato inserito il delitto di traffico di influenze illecite (art. 346 c.p.): in questo modo si è voluto sanzionare la condotta del mediatore che metta in contatto il pubblico ufficiale ed il privato, creando le condizioni per il verificarsi del reato di corruzione. In questo modo è stata estesa, soprattutto, in via preventiva, la punibilità del soggetto apicale o sottoposto che operi nell’interesse o vantaggio dell’ente il quale, in assenza di un modello organizzativo correttamente adottato, abbia posto in essere fattispecie corruttive.

Con l’ultimo e più recente intervento legislativo del 2020, il legislatore ha voluto punire il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, incaricato direttamente o indirettamente della gestione di un fondo, se ne appropri e ne muti la destinazione.

Infine, va fatto un cenno sulla possibile abrogazione del delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’art. 323 c.p., il cui ambito operativo era già stato circoscritto. In materia si veda la recente sentenza Cass. pen., Sez. VI, Sent., 18/01/2024, n. 2314.

  1. I reato presupposto

I reati presupposto di cui all’art. 25 del D. Lgs. 231/2001 (“Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio”) sono:

– l’art. 317 c.p.: concussione;

– l’art. 318 c.p.: corruzione impropria;

– l’art. 319 c.p.: corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio;

– l’art. 319ter c.p.: corruzione in atti giudiziari;

– l’art. 319quater c.p.: induzione indebita a dare o promettere utilità;

– 321 c.p.: corruzione attiva;

– l’art. 322 c.p.: istigazione alla corruzione;

– l’art. 346bis c.p.: traffico di influenze illecite

  1. Trattamento sanzionatorio

In relazione a questi reati, puniti singolarmente con pene diverse, si applica all’ente la sanzione pecuniaria:

fino a 200 quote per le ipotesi di corruzione, istigazione alla corruzione e traffico illecito di influenze, peculato e abuso d’ufficio;

da 200 a 600 quote per le ipotesi di corruzione attiva e passiva per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari ed istigazione alla corruzione;

da 600 a 800 quote per le ipotesi di concussione, corruzione aggravata, corruzione in atti giudiziari e induzione a dare o promettere utilità

In questi ultimi due casi di possono irrogare le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2, che variano a seconda dell’autore del reato presupposto. All’ente, potrà essere applicata la sanzione interdittiva:

da 4 a 7 anni se il reato è stato commesso da un soggetto apicale;

– da 2 a 4 anni se è stato posto in essere da un soggetto sottoposto.

Si tratta di un sistema sanzionatorio decisamente gravoso per l’ente, frutto della riforma del 2019 che mina a mettere a rischio l’incolumità e la sopravvivenza dell’ente stesso.

È stata anche prevista, nell’ottica dello stick and carrot approach, al comma 5 bis, l’ipotesi di collaborazione con l’Autorità Giudiziaria. Se, prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione di un Modello organizzativo idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni avranno durata compresa fra i 3 mesi e i due anni.

Ulteriori istituti premiali rilevanti sono quello previsto dall’art. 78 (conversione della sanzione interdittiva in pecuniaria a fronte della realizzazione di condotte collaborative, risarcimento del danno o adozione postuma del Modello) e dall’art. 17 (riduzione della sanzione pecuniaria a seguito del risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, adozione postuma del Modello o eliminazione delle carenze organizzative).

  1. Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

In relazione a tali fattispecie, si possono ritenere più che valide le Linee Guida di Confindustria del 2021. Assumono rilevanza penale, a tal fine, la partecipazione a gare dirette alla vendita di beni o servizi finalizzati alla realizzazione di beni a favore della pubblica amministrazione o l’erogazione del servizio e/o prestazione contrattuale.

Le aree di maggior rischio, tenuto conto delle dimensioni e dell’attività dell’ente, potrebbero essere:

– il monitoraggio delle offerte economiche relative alle gare e dalle trattative private con la p.a.;

– il monitoraggio delle fasi evolutive dei procedimenti di gara o di negoziazione diretta;

– verifiche delle funzioni azionali distinte da quella commerciale, sull’effettiva erogazione delle forniture;

– controlli sui collaboratori esterni della congruità delle provvigioni pagate rispetto a quelle praticate nell’area geografica di riferimento;

– la gestione dei rapporti con i terzi;

– due diligence periodiche per monitorare eventuali situazioni sospette;

– l’inserimento di regole di condotta da adottare nelle relazioni con i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.

La conformità del modello alle linee guida di Confindustria costituisce un elemento fondamentale nel giudizio di congruità dello stesso. È evidente poi che, con riferimento a questo reato presupposto, sarà ideale una cd. “compliance integrata”, coordinata con la normativa 190/2012, fondata proprio sul principio della prevenzione mediante organizzazione. A tal fine rileveranno:

– l’analisi del contesto societario ed individuazione delle aree a maggior rischio;

– l’introduzione di un sistema di controlli integrato fra la normativa 231/2001 e quella 190/2012;

– l’integrazione del codice di comportamento con particolare attenzione sui comportamenti rilevanti ai fini della prevenzione della corruzione;

– un sistema di verifica c della eventuale sussistenza di incompatibilità di incarichi di amministratore o incarichi dirigenziali;

– l’introduzione di un sistema di whistleblowing;

– la definizione dei contenuti, dei destinatari e delle modalità di erogazione della formazione in materia preventiva della corruzione da integrare con i presidi già esistenti.

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