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CATALOGO 231: i reati societari (art. 25 ter)

REATI SOCIETARI (ART. 25ter)

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo.

Introduzione

L’art 25-ter è stato oggetto di diverse riforme nel corso degli anni, la più incisiva apportata dalla Legge n. 69 del 2015 recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazione di tipo mafioso e di falso in bilancio”.  E’ stato introdotto, in occasione della riforma del diritto penale societario del 2002, dall’art. 3 D. Lgs. n. 61/2002 in materia di “Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali”.

L’impianto originario del sistema 231 non prevedeva, infatti, come fonte di responsabilità per i soggetti collettivi la commissione di reati societari. La disposizione in commento è stata poi modificata dalla Legge n. 262/2005, che ha comportato un aumento delle sanzioni pecuniarie già previste a carico degli enti e, successivamente, dalla menzionata grande riforma del 2015.  Il D.Lgs. n. 19 del 2 Marzo 2023, “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere”  ha inserito nello stesso anche il comma s-ter “false omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare”.

La prima formulazione della norma in commento conteneva indicazioni apparentemente in contrasto con le disposizioni della parte generale del D. Lgs. n. 231/2001.

Con l’introduzione dell’art. 25-ter D. Lgs. n. 231/2001, infatti, il legislatore non si era limitato ad introdurre i reati societari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ma aveva dettato dei differenti criteri di ascrizione della responsabilità all’ente.

Le divergenze tra i criteri dettati dalla prima formulazione dell’articolo 25-ter ed i principi della parte generale riguardavano in primis i criteri oggettivi di ascrizione della responsabilità all’ente: la versione come introdotta nel 2002 si riferiva ad un reato commesso “nell’interesse della società”.

La disposizione sembrava quindi escludere l’ipotesi in cui l’ente conseguiva un vantaggio dalla commissione del reato presupposto, apportando una deroga al criterio previsto all’art. 5 del D. Lgs. n. 231.

A fronte delle incertezze interpretative avanzate dalla dottrina, la giurisprudenza di legittimità aveva tuttavia chiarito come “la formulazione dell’art. 25-ter opera più apparentemente che sostanzialmente un allontanamento dai criteri di imputazione generale previsti dalla disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, criteri che pertanto trovano applicazione anche in ambito societario, nonostante la dubbia tecnica di redazione del testo di legge” (Cass. Pen., V, 04.03.2014, n. 10265).

Per giungere a questa conclusione, la Suprema Corte ha richiamato la ratio della norma:

“L’art. 25-ter, infatti, è stato introdotto dalla riforma del diritto penale societario realizzata attraverso il D. L.gs. n. 61 del 2002, la cui Relazione, a proposito della disposizione in esame, espressamente precisa come la responsabilità degli enti collettivi per i reati societari sia stata configurata “nel rispetto dei principii contenuti nella L. 29 settembre 2000, n. 300 e nel D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231”, ribadendo in tal modo l’identica direttiva contenuta nella legge delega del D.Lgs. n. 61 del 2002. Vero è che proprio la legge delega per prima ha poi menzionato esclusivamente l’interesse per descrivere il contesto imputativo dell’illecito, ma proprio la premessa da cui il legislatore delegante ha preso le mosse evidenzia l’assenza della volontà di configurare all’interno del D. Lgs. n. 231 una sorta di sottosistema dedicato alla responsabilità da reato societario governato da regole autonome rispetto a quelle dettate nella parte generale del decreto”.

Di segno opposto la giurisprudenza di merito, che in riferimento all’applicazione della responsabilità da reato delle persone giuridiche in relazione ai reati societari aveva fatto riferimento alla sola nozione di interesse “poiché l’art. 25 ter d. lgs. n. 231/2001 – che trova applicazione per i reati in oggetto – richiama il solo interesse, è con questo che ci si deve confrontare” (Trib. Milano, 18 dicembre 2008).

La norma, inoltre, ometteva qualsiasi riferimento ai modelli organizzativi di gestione e di controllo, con la conseguenza che parte della dottrina aveva avanzato il dubbio che l’articolo in questione desse vita ad una forma di responsabilità automatica, senza la possibilità di invocare a propria tutela l’art. 6 del D.Lgs. n. 231.

Per tali considerazioni, la riforma del 2015 ha riformulato l’art. 25 ter allineandolo alle altre previsioni del decreto tramite l’eliminazione di qualsiasi riferimento a diversi criteri di imputazione della responsabilità all’ente.

  1. I reati presupposto

L’art. 25-ter disciplina una serie di reati societari già previsti dal codice civile:

I primi reati presupposto a comparire sono quelli relativi alle false comunicazioni sociali (artt. 2621, 2621 bis e 2622) ed il reato relativo all’impedimento di controllo (art. 2625). Queste fattispecie prevedono che i soggetti di livello apicale preposti alla redazione di documenti contabili, i sindaci ed i liquidatori che, nei bilanci, relazioni o nelle altre comunicazioni sociali disciplinati dalla legge e dirette ai soci o al pubblico, espongono od omettono fatti rilevanti che non rispondono al vero con riguardo alla situazione finanziaria, economica o patrimoniale della società siano puniti, così come nel caso in cui i documenti vengano occultati o ne venga impedito il controllo. Gli altri reati presupposto riguardano, invece, l’indebita restituzione dei conferimenti, l’illegale ripartizione degli utili e delle riserve, le illecite operazioni sulle azioni, quote o della società controllata, le operazioni in pregiudizio ai creditori, l’illecita influenza in assemblea, l’aggiotaggio e l’ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

Un altro aggiornamento è stato apportato dal D.Lgs n. 24 del 10 marzo 2023 “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative nazionali”  che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato (Applicazione del processo  Whistleblowing a tutti i settori pubblici e privati indipendentemente dall’adozione di un Modello 231).

  1. Trattamento sanzionatorio

a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’ 2621 del c.c., la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote;

a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’art. 2621 bis del c.c., la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote;

b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’ 2622 del c.c., la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote;

c) […] lettera abrogata nel 2005;

d) per la contravvenzionedi falso in prospetto, prevista dall’articolo 2623, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote;

e) per il delitto di falso in prospetto, previsto dall’articolo 2623, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentotrenta quote);

f) per la contravvenzione di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, prevista dall’articolo 2624, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote);

g) per il delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, previsto dall’articolo 2624, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote;

h) per il delitto di impedito controllo, previsto dall’articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

i) per il delitto di formazione fittizia del capitale, previsto dall’ 2632 del c.c., la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

l) per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto dall’ 2626 del c.c., la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

m) per la contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, prevista dall’ 2627 del c.c., la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote;

n) per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, previsto dall’ 2628 del c.c., la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

o) per il delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori, previsto dall’ 2629 del c.c., la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

p) per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, previsto dall’ 2633 del c.c., la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote);

q) per il delitto di illecita influenza sull’assemblea, previsto dall’ 2636 del c.c., la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

r) per il delitto di aggiotaggio, previsto dall’ 2637 del c.c.e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi previsto dall’art. 2629 bis del c.c., la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;

s) per i delitti di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, previsti dall’articolo 2638, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote);

s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell’art. 2635 del c.c., la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote e, nei casi di istigazione di cui al primo comma dell’art. 2635 bis del c.c., la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote. Si applicano altresì le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2;

s-ter) per il delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.

Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.

Per i reati previsti dagli artt. 2625, 2635, 2638, ai sensi dell’art. 39 della Legge n. 262 del 2005,   la pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58“.

  1. Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

L’art. 6, comma 2, del decreto 231 indica le caratteristiche essenziali per la costruzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo. In particolare, le lettere a) e b) della disposizione si riferiscono espressamente ad alcune attività correlate ad un processo di sana e prudente gestione dei rischi.

Ferma restando l’esigenza che ogni impresa costruisca e mantenga in efficienza il proprio sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, anche in ottica di “compliance integrata”, di seguito si indica uno schema esemplificativo in tema di controllo interno e di gestione dei rischi  connessi alla peculiarità dei reati analizzati.

In linea generale le fasi principali in cui il sistema di prevenzione dei rischi 231 si dovrebbe partire dall’identificazione dei rischi potenziali, ossia l’analisi del contesto aziendale per individuare in quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare eventi pregiudizievoli per gli obiettivi indicati dal decreto 231. Per “rischio” si intende qualsiasi variabile o fattore che nell’ambito dell’azienda, da soli o in correlazione con altre variabili, possano incidere negativamente sul raggiungimento degli obiettivi indicati dal decreto 231 (in particolare all’art. 6, comma 1, lett. a).

Più nel dettaglio ed a titolo esemplificativo l’ente deve prevedere: l’inserimento nel Codice etico di specifiche previsioni riguardanti il corretto comportamento di tutti i dipendenti coinvolti nelle attività di formazione del bilancio o di altri documenti similari, così da garantire:

  • massima collaborazione;
  • completezza e chiarezza delle informazioni fornite;
  • accuratezza dei dati e delle elaborazioni;
  • tempestiva segnalazione di eventuali conflitti di interesse.

Sarà indispensabile prevedere un’attività di formazione di base verso tutti i responsabili di funzione, affinché conoscano almeno le principali nozioni sul bilancio (norme di legge, sanzioni, principi contabili, ecc.), l’istituzione di una procedura chiara rivolta alle stesse funzioni di cui sopra, che stabilisca quali dati e notizie debbono essere forniti all’Amministrazione, nonché quali controlli devono essere svolti su elementi forniti dall’Amministrazione e da “validare”.

Necessaria, inoltre, la previsione per il responsabile di funzione che fornisce dati ed informazioni relative al bilancio o ad altre comunicazioni sociali dell’obbligo di sottoscrivere una dichiarazione di veridicità e completezza delle informazioni trasmesse. Nella dichiarazione andrà di volta in volta asseverato ciò che obiettivamente e concretamente il soggetto responsabile può dimostrare attraverso documentazione (anche a seguito di verifica successiva). Ciò anche al fine di evidenziare la necessità che i protocolli disciplinino con efficacia e conseguentemente responsabilizzino tutti i singoli passaggi di un procedimento che generalmente solo nella sua conclusione incontra un soggetto qualificabile come “Responsabile di funzione”.

Un efficiente modello dovrà prevedere l’introduzione di specifiche indicazioni sul metodo da utilizzare per valutare le voci di bilancio oggetto di stima, in relazione ai criteri di valutazione normativamente fissati e ai criteri tecnici generalmente accettati, nonché sulla predisposizione di adeguata documentazione a supporto delle scelte contabili effettuate. Se il bilancio della società è assoggettato a revisione e certificazione, è consigliabile:

1)consegnare a tutti i componenti del Consiglio di amministrazione, in particolare dei membri del Comitato per il controllo e rischi, ove esistente, prima della riunione del Consiglio per l’approvazione dello stesso:

  • bozza del bilancio, allegando una documentata certificazione dell’avvenuta consegna della bozza in questione;
  • giudizio sul bilancio (o attestazione similare, sufficientemente chiara ed analitica) da parte della società di certificazione, ove esistente;
  • lettera di attestazione o di manleva richiesta dalla società di revisione, ove esistente, sottoscritta dal massimo vertice esecutivo e siglata dal Responsabile amministrativo;

2) prevedere almeno una riunione tra la società di certificazione, l’organo di controllo, il Comitato per il controllo e rischi (ove esistente) e l’Organismo di Vigilanza prima della seduta del Consiglio di Amministrazione indetta per l’approvazione del bilancio, che abbia per oggetto tale documento, da documentarsi mediante verbale;

3) comunicare sistematicamente all’Organismo di Vigilanza:

  • incarichi conferiti, o che si intende conferire, alla società di revisione (se esistente) o a società ad essa collegate, diverso da quello concernente la certificazione del bilancio;
  • copia delle comunicazioni alla Consob relative all’insussistenza di cause di incompatibilità tra la società di revisione e la società certificata;
  • valutazioni in ordine alla scelta della società di revisione (in base ad elementi quali professionalità, esperienza nel settore non solo in base all’economicità).

Invece, per le società il cui bilancio non è assoggettato a revisione e certificazione, è auspicabile prevedere:

  • uno o più incontri tra l’Organismo di Vigilanza e il Responsabile amministrativo, focalizzati sul bilancio, con eventuali approfondimenti ed analisi documentali di fattispecie di particolare rilievo e complessità presenti nella bozza predisposta, curando la stesura del relativo verbale firmato da entrambi;
  • almeno un incontro all’anno, in prossimità della riunione del Consiglio di Amministrazione, tra Organismo di Vigilanza e Collegio sindacale avente per oggetto il bilancio (con relativa nota integrativa), con redazione di verbale.
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