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La nomina del RSPP non esclude la responsabilità del datore di lavoro

La nomina del RSPP non esclude automaticamente la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio dovuto all’inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, IV sez., nella sentenza n. 15406 del 15 aprile 2024.

Nel caso in esame, la Corte d’appello di Venezia aveva ritenuto sussistente la responsabilità un datore di lavoro, in relazione all’infortunio occorso ad un lavoratore, per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni.

L’evento era occorso mentre un operaio si accingeva a raccogliere delle impurità dell’alluminio in fusione all’interno di un forno aperto, utilizzando un mestolo metallico, la cui immersione del mestolo nell’alluminio, fuso ad un’elevata temperatura, ha prodotto una violenta reazione chimica, con conseguente proiezione di schizzi di metallo fuso sul viso e sul corpo dell’uomo. In assenza di dispositivi di protezione individuale adeguati, tali da garantirne la protezione, la vittima riportava delle gravi ustioni da cui ne era derivata una lunga malattia.

Avverso la decisione della Corte territoriale il difensore dell’imputato ricorreva per Cassazione, lamentando, in particolare, l’illogicità della motivazione in relazione al riconoscimento dei presupposti di attribuzione dell’evento in capo all’imputato.

Stando alla difesa il datore di lavoro non poteva essere ritenuto responsabile, in quanto, egli aveva delegato ad una professionista tecnico esterno all’azienda pochi giorni prima dell’incidente l’elaborazione del documento di valutazione del rischio e la contestuale selezione dei dispostivi di protezione individuale da utilizzare.

Preliminarmente, va ricordato che, l’obbligo di sicurezza è delegabile ad una figura tecnicamente attrezzata ed idonea, come è avvenuto nel caso in esame, essendo stato incaricato un ingegnere della elaborazione e redazione del DVR.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e, coerentemente con i principi di diritto già affermati, in relazione ai doveri di verifica e controllo della sicurezza in cantiere ascritti al datore di lavoro, ha valorizzato il principio di colpevolezza, che esclude ogni tipo di addebito di responsabilità oggettiva a chi ricopre la posizione di garante del rischio, imponendo sempre una valutazione in concreto della violazione, da parte di tale soggetto, delle regole cautelari e della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell’evento dannoso che la regola cautelare mirava a prevenire.

L’imputato, infatti, si era avvalso di un esperto per l’individuazione dei rischi e dei presidi idonei a prevenire l’evento: infatti, affinché possa escludersi la colpa soggettiva del datore di lavoro che si sia avvalso di “saperi esperti” per l’individuazione del rischio e delle modalità per prevenirlo, è necessario che l’informazione fornita dal tecnico non sia verificabile dal datore di lavoro tramite le proprie competenze e la ordinaria diligenza.

Infine, gli Ermellini hanno ribadito che il datore di lavoro ha il dovere di rilevare eventuali rischi non evidenziati dall’RSPP, come ad esempio l’adeguatezza della modalità di prevenzione dei rischi pur in effetti correttamente individuati, ove ciò emerga con la ordinaria diligenza sulla base di competenze tecniche di diffusa conoscenza ovvero di regole di comune esperienza nel caso di specie: nel caso in esame, il rischio, correttamente individuato, di ustione da metallo fuso non è contenibile mediante materiali quali pelle o cotone, ma tramite indumenti alluminizzati che coprano tutte le parti del corpo esposte ai rischio.

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