DELITTI CON FINALITA’ DI TERRORISMO O DI EVERSIONE DELL’ORDINE DEMOCRATICO (ART. 25quater)
– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo
Introduzione
Con l’art. 25 quater sono stati introdotti nel catalogo 231 i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico sulla scia della legislazione sovranazionale volta a contrastare il fenomeno del terrorismo internazionale.
L’esigenza di prevenzione in ottica antiterroristica, veicolata attraverso l’urgenza di adeguarsi ad obblighi internazionali, ha portato alla formulazione di un testo articolato, non particolarmente intellegibile e con profili di tassatività della responsabilità amministrativa degli enti (art. 2).
Si è giunti, così, ad una formulazione che va verso la necessità di adeguarsi completamente agli obblighi previsti dalla normativa internazionale senza prestare particolare attenzione alla valorizzazione dei principi di tassatività e determinatezza dell’illecito dell’ente.
I principali problemi interpretativi sono legati al contenuto ed alla nozione di “finalità di terrorismo ed eversione”, così da delimitare i delitti rilevanti.
Quanto alla nozione di terrorismo e di eversione dell’ordine costituzionale, si consideri che sul punto la Cassazione non è mai stata pacifica: una prima definizione era quella di “sovvertire i principi fondamentali dello Stato repubblicano sanciti in Costituzione”.
Dopo l’introduzione dell’art. 270 sexies si iniziò a privilegiare una interpretazione delle due nozioni in grado di preservare la loro autonomia (Cass. Pen. sent. 46340/2013). La dottrina ha criticato fortemente la norma per la sua eccessiva ampiezza di rimandi normativi, tale da porre seri profili di contrasto col principio di tassatività previsto dall’art. 2.
Per i delitti qui in esame non è facile immaginare una situazione in cui una condotta venga posta in essere nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Tali delitti si caratterizzano per la motivazione ideologica che sta necessariamente alla base, tale per cui la persona fisica agirebbe quasi sempre nell’interesse proprio.
L’unica eccezione è rappresentata dalla finalità economica, spesso più preponderante di quella ideologica. Una situazione realistica è quella di un ente che può finanziare organizzazioni criminali per compiere atti terroristici per una mera finalità economica e, a tal fine, finanziare un attentato terroristico presso un impianto di estrazione della materia prima.
I reati presupposto
I reati presupposto di cui all’art. 25quater del D. Lgs. 231/2001 (“Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”) non sono indicati tassativamente dal codice penale. Tuttavia, in ogni caso si possono ricomprendere:
– art. 270 c.p.: associazioni sovversive;
– art. 270 bis c.p.: associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico;
– art. 270 quinquies.1. c.p.: finanziamento di condotte con finalità di terrorismo;
– art. 280 c.p.: attentato per finalità terroristiche o di eversione.
Trattamento sanzionatorio
In relazione a questi reati, puniti singolarmente con pene diverse, si applica all’ente la sanzione pecuniaria:
– da 200 a 700 quote per l’ipotesi di delitti puniti con pena detentiva inferiore a dieci anni;
– da 400 a 1000 quote per le ipotesi di delitti puniti con pena detentiva superiore a dieci anni o con l’ergastolo.
In caso di condanna per uno dei delitti richiamati dall’art. 25 quater, si possono irrogare le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2. Inoltre, come stabilito dalla norma in esame “se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’art. 16”.
Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo
In relazione a tali fattispecie, va precisato che la commissione dei reati che qui vengono in rilievo non rientra nell’ambito dei rischi ordinari ai quali è sottoposta l’impresa.
È evidente che i reati in esame sono connotati da uno specifico disvalore che si pone in contrasto con le normali dinamiche aziendali. Il rischio di commettere tali reati è connesso con la distribuzione geografica dell’attività aziendale: si pensi al caso di un ente che coltiva rapporti con soggetti ubicati in Paesi “a forte deficit democratico”, ove sarà necessario opportuno predisporre una serie di protocolli preventivi efficaci.
Tra le aree di rischio viene in rilievo anche il settore finanziario: in questo caso il fine è quello di minimizzare il rischio di utilizzazione dei flussi finanziari per finalità illecite. Di conseguenza i rapporti con i fornitori o con i clienti devono essere ricompresi tra i processi sensibili della società, soprattutto tenendo conto dei delitti contro l’ordine democratico con finalità di terrorismo o eversione.
Nell’ambito della redazione dei protocolli speciali del Modello si potrebbe tenere conto delle procedure anticorruzione previste dalla normativa 231/2007, al fine di prevenire l’utilizzo del sistema finanziario per riciclaggio e finalità di terrorismo (si pensi alle procedure di verifica della clientela e di segnalazione di operazioni sospette, che potrebbero inserirsi perfettamente nella logica preventiva).