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CATALOGO 231: razzismo e xenofobia (art. 25 terdecies)

RAZZISMO E XENOFOBIA

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo.

Introduzione

L’art. 25 terdecies (razzismo e xenofobia) è stato introdotto dall’art. 5, comma 2 della legge 20 novembre 2017, n. 167, in attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia.

La legge è entrata in vigore il 12 dicembre 2017 e ha individuato quale reato presupposto quello previsto e punito dall’artt. 3, comma 3 bis della legge 13 ottobre 1975, n. 654.

Pochi mesi dopo, tuttavia, tale reato veniva prima abrogato per poi essere reintrodotto all’interno del codice penale all’art. 604 bis c.p. rubricato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, il cui comma3 replica pedissequamente la fattispecie abrogata. In tutto ciò non si è intervenuti sul dettato dell’art. 25 terdecies, che ad oggi presenta un richiamo alla norma abrogata.

Questo ha creati non pochi problemi a livello interpretativo, come è facile intuire, si è creato un aperto contrasto con il principio di legalità, proprio anche della materia 231.

L’art. 604 bis c.p. punisce con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

Inoltre, è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.

  1. I reati presupposto

La norma prevede per la fattispecie di propaganda, istigazione o incitamento, l’applicazione congiunta della sanzione pecuniaria, nell’escursione edittale da 200 a 800 quote, e delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9 comma 2 d.lgs. 231/2001, per la durata minima di un anno. Inoltre, è prevista la sanzione dell’interdizione dell’attività, qualora l’ente o una sua unità organizzativa abbiano tratto profitto dal reato.

Nella norma (erroneamente) richiamata, sono previste le condotte:

  • di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico,
  • di istigazione a commettere violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi
  • di incitamento alla discriminazione o alla violenza, per gli stessi motivi.

La norma richiama diverse condotte e diversi contegni penalmente rilevanti, da un punto di vista lessicale: la propaganda da un lato e l’istigazione e incitamento dall’altro. La propaganda evoca un’attività non ancorata a forme rigide dirette ad incidere sull’opinione pubblica, ovverosia a influenzare modificare le idee e i comportamenti dei destinatari.

Tali condotte non sono penalmente rilevanti di per sé, ma solo laddove coesistano due ulteriori elementi di tipicità, uno modale (il pericolo della diffusione) e uno contenutistico (la minimizzazione del pericolo stesso).

2. Trattamento sanzionatorio

In relazione al reato richiamati dall’art. 25 terdecies, si applicano all’ente diverse sanzioni, a seconda della categoria di reati.

1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all’articolo 3, comma 3-bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.

3. Se l’ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3

  1. Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

Non sembra che l’art. 25 terdecies possa avere un ambito di applicazione particolarmente esteso. Con riferimento ai criteri di imputazione oggettiva (art. 5 d.lgs. 231/2001) legati alla commissione del reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, i soggetti giuridici a cui sembra essere diretta la norma sono società radiofoniche, televisive o testate editoriali, società che gestiscono siti web ovvero che esercitano attività pubblicitaria. In ogni caso, soggetti che operano con il pubblico.

Sembra difficile inquadrare la fattispecie imputandola in capo alla società, la quale non potrebbe trarne alcun vantaggio. Diverso sarebbe il caso in cui l’ente decidesse di finanziare o sostenere associazioni, gruppi o eventi che propugnino messaggi a sfondo razzista o xenofobo.

 

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