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CATALOGO 231: reati ambientali (art. 25 undecies)

REATI AMBIENTALI

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo.

Introduzione

Il Legislatore italiano, nel 2011, a seguito delle forti pressioni esercitate dalla Commissione Europea, ha dato seguito alla Direttiva 2008/99/CE, approvando il d.lgs. 121 del 7 luglio 2011 in materia di tutela penale dell’ambiente. Nella relazione di accompagnamento il Legislatore ha escluso l’introduzione di nuove fattispecie penali, eccezion fatta per gli artt. 727 bis e 733 bis c.p.

La vera novità riguarda l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti di cui al d.lgs. 231/2001 a numerose fattispecie di reati ambientali fino ad allora esclusi con la previsione di sanzioni pecuniarie amministrative severe, ma anche sanzioni interdittive, fino addirittura all’interdizione dall’esercizio dell’attività di impresa.

  1. I reati presupposto

La norma in esame, in un primo momento, faceva riferimento alle fattispecie previste dal T.U.A. (d. lgs. 152/2006), con particolare riferimento ai reati in materia di rifiuti, gestione di rifiuti non autorizzata, omessa bonifica di siti contaminati, inquinamento atmosferico ed inquinamento idrico. Solo più avanti, il 29 maggio 2015, con l’entrata in vigore della legge 68/2015 in materia di delitti ambientali, l’art. 25 undecies è stato ampliato. In particolare, si è fatto riferimento ai delitti previsti e puniti agli artt. 452 bis e ss. c.p. quali inquinamento ambientale (art. 452 bis)disastro ambientale (art. 452 quater),  delitti colposi contro l’ambiente (art. 452 quinquies). traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies), associazione a delinquere (art. 452 octies).

Da ultimo, con il d.lgs. 21/2018, è stato inserito anche l’art. 452quaterdecies – il quale non è altro che la trasposizione dell’art 260 d.lgs. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) – per esigenze di omogeneità sistematica ed organicità.

Ovviamente, la norma richiama tre leggi approvate diversi anni prima dell’introduzione dell’art. 25 undecies ossia la legge 7 febbraio 1992, n. 150 (norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica), la legge 28 dicembre 1993, n. 549 (misure a tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente) ed il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202 (in materia di inquinamento provocato dalle navi).

  1. Trattamento sanzionatorio

In relazione al reato richiamati dall’art. 25 undecies, si applicano all’ente diverse sanzioni, a seconda della categoria di reati.

In relazione alla commissione dei reati previsti dal codice penale, si applicano all’ente le seguenti sanzioni:

  1.  per la violazione dell’articolo 452 bis, la sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote;
  2. per la violazione dell’articolo 452 quater, la sanzione pecuniaria da 400 a 800 quote;
  3. per la violazione dell’articolo 452 quinquies, la sanzione pecuniaria da 200 a 500 quote;
  4. per i delitti associativi aggravati ai sensi dell’articolo 452 octies, la sanzione pecuniaria da 300 a 1000 quote;
  5. per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività ai sensi dell’articolo 452 sexies, la sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote;
  6. per la violazione dell’articolo 727 bis, la sanzione pecuniaria fino a 250 quote;
  7. per la violazione dell’articolo 733 bis, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

Nei casi di condanna per i delitti indicati al punti 1 e 2, si applicano, oltre alle sanzioni pecuniarie ivi previste, le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 per un periodo non superiore a un anno.

2. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico Ambientale), si applicano all’ente le seguenti sanzioni:

a) per i reati di cui all’art. 137 (inquinamento idrico):

  1. 1) per la violazione dei commi 3, 5, primo periodo, e 13, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;
  2. 2) per la violazione dei commi 2, 5, secondo periodo, e 11, la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote.

b) per i reati di cui all’art.256 (attività di gestione dei rifiuti):

  1. 1) per la violazione dei commi 1, lettera a), e 6, primo periodo, la sanzione pecuniaria fino a 250 quote;
  2. 2) per la violazione dei commi 1, lettera b), 3, primo periodo, e 5, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;
  3. 3) per la violazione del comma 3, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote;

c) per i reati di cui all’art. 257 (omessa bonifica):

  1. 1) per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a 250 quote quote;
  2. 2) per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;

d) per la violazione dell’art.258, comma 4, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;

e) per la violazione dell’art. 259, comma 1, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;

f) per il delitto di cui all’art. 260, la sanzione pecuniaria da 300a 500 quote, nel caso previsto dal comma 1 e da 400 a 800 quote nel caso previsto dal comma 2;

g) per la violazione dell’art. 260 bis, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote nel caso previsto dai commi 6, 7, secondo e terzo periodo, e 8, primo periodo, e la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote nel caso previsto dal comma 8, secondo periodo;

h) per la violazione dell’art. 279, comma 5, la sanzione pecuniaria fino a 250quote.

3. In relazione alla commissione dei reati previsti dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, si applicano all’ente le seguenti sanzioni :

  • a) per la violazione degli artt. 1, comma 1, 2, commi 1 e 2, e 6, comma 4, la sanzione pecuniaria fino a 250 quote;
  • b) per la violazione dell’artt. 1, comma 2, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;
  • per i reati del codice penale richiamati dall’articolo 3-bis, comma 1, della medesima legge n. 150 del 1992, rispettivamente:
  1. la sanzione pecuniaria fino a 250 quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo ad un anno di reclusione;
  2. la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a due anni di reclusione;
  3. la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a tre anni di reclusione;
  4. la sanzione pecuniaria da 300 a 500 quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione.

4. In relazione alla commissione dei reati previsti dall’articolo 3, comma 6, della legge 28 dicembre 1993, n. 549, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote.

5. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applicano all’ente le seguenti sanzioni:

  1. a) per il reato di cui all’art. 9, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a 250 quote;
  2. b) per i reati di cui agli art. 8, comma 1, e 9, comma 2, la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;
  3. c) per il reato di cui all’art. 8, comma 2, la sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote.

Le sanzioni sono ridotte della metà nel caso di commissione del reato previsto dall’articolo 256, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 2, lettere a), n. 2), b), n. 3), e f), e al comma 5, lettere b) e c), si applicano le sanzioni interdittive per una durata non superiore a sei mesi.

Se l’ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e all’articolo 8 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’art. 16, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231.

  1. Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

Con riferimento alla materia ambientale va considerato che il Modello organizzativo si pone in termini specifici rispetto al modello ISO 14001 e soprattutto al Regolamento EMAS: infatti, mentre alcuni sistemi mirano ad attuare la migliore gestione dell’impresa in campo ambientale, il Modello 231 ha un’ulteriore finalità, ossia ridurre il rischio di commissione di specifici reati nell’interesse o a vantaggio dell’ente.  Tale caratteristica si riflette sul contenuto del Modello organizzativo  e si evince, ad esempio:

  • dall’analisi ambientale volta all’identificazione degli ambienti aziendali di interesse;
  • dalle procedure e agli strumenti di gestione ambientale di controllo e monitoraggio con misure dedicate specificatamente alla prevenzione dei reati;
  • dall’attuazione della pianificazione finanziaria;
  • dall’Organismo di Vigilanza incaricato;
  • dall’assetto di sanzioni disciplinari;
  • dall’adeguamento delle previsioni contrattuali con i clienti e fornitor per rendere più agevole il controllo sul loro operato e sul funzionamento del modello organizzativo adottato;
  • dalla regolamentazione delle attività di formazione ed informazione.

Altro tema delicato in materia riguarda la delega di funzioni in campo ambientale, specie con riferimento alle condotte di inquinamento ambientale penalmente rilevanti in ambito aziendale. In proposito è opportuno ricordare il costante orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, che ha affermato che “in materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega di funzioni, puntuale ed espressa, con esclusione di poteri discrezionali, b) idoneità e professionalità del delegato, c) il trasferimento di funzioni giustificato dalle dimensioni dell’azienda, d) poteri decisionali e autonomia di spesa,  e) prova giudiziale della delega. Sicchè, una volta provata la sussistenza delle condizioni richieste per il rilascio della delega di funzioni in materia ambientale, la responsabilità penale del delegato non è in discussione”.

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