La confisca obbligatoria di cui all’art. 19 d.lgs. 231/2001, per essere applicata, non deve necessariamente rientrare nell’accordo tra le parti ai fini dell’applicazione concordata della pena. Essa tuttavia può costituirne oggetto. Là dove abbia formato oggetto del previo accordo, all’imputato è consentito il ricorso per Cassazione nei limiti dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. Qualora, invece, la confisca sia fuori dall’accordo delle parti, sulla scia dell’insegnamento a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il ricorso per Cassazione seguirà le regole generali dettate dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen.
Con sentenza n. 18652 del 2022, la VI Sezione Penale della Suprema Corte, in tema di responsabilità degli enti, ha chiarito in che termini la confisca, disposta con sentenza di patteggiamento, possa essere oggetto di ricorso per Cassazione.
In sintesi la vicenda processuale da cui trae origine il principio di diritto esposto. A seguito della richiesta di patteggiamento di una società ai sensi degli artt. 444 c.p.p. e 63 d.lgs. 231/2001, il Tribunale di Velletri applicava, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria concordata, altresì, la sanzione della confisca, in quanto obbligatoria ex art. 19 d.lgs. 231/2001.
Avverso tale pronuncia la difesa dell’ente ricorreva per Cassazione deducendo la violazione della disciplina relativa all’istituto del patteggiamento in relazione alle norme in tema di confisca e lamentando, nello specifico, la mancata conoscibilità da parte dell’imputato dell’esatto importo che sarebbe stato confiscato.
La Corte ha, dapprima, vagliato l’ammissibilità del ricorso, chiarendo se in caso di patteggiamento l’applicazione della confisca nei confronti dell’ente – in considerazione dell’obbligatorietà di tale sanzione quale immediata conseguenza della sentenza di condanna – possa essere oggetto del sindacato della Corte di Cassazione.
Rispetto a tale profilo, i Giudici di legittimità hanno richiamato il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 21368/2019 secondo cui, con riferimento alle misure di sicurezza che non siano state ricomprese nell’accordo tra le parti, il ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento debba essere limitato ai motivi di ricorso tassativamente dettati all’art. 606 co. 1 c.p.p.
Nella medesima pronuncia viene contestualmente affermato che, qualora la misura sia stata, invece, contemplata nel suddetto accordo, il ricorso possa riguardare unicamente i motivi – attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione del fatto o all’illegalità della pena o della misura di sicurezza – di cui all’art. 448 co. 2-bis c.p.p.
A seguito di tale breve richiamo, la Suprema Corte, nel caso di specie ha applicato l’enunciato principio di diritto, ritenendo di poter equiparare i casi in cui la confisca sia disposta quale misura di sicurezza a quelli in cui sia applicata quale sanzione amministrativa.
Alla luce di tali considerazioni, stante il mancato accordo tra le parti in relazione alla confisca nell’ambito della richiesta di patteggiamento, il provvedimento in esame avrebbe, dunque, potuto essere impugnato con riguardo a tale sanzione esclusivamente in relazione ai motivi espressamente indicati dall’art. 606 co. 1 c.p.p. Di conseguenza il ricorso è stato rigettato.