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CATALOGO 231: i delitti di contraffazione, falsità in monete, alterazione e uso di marchi o segni distintivi (art. 25bis)

REATI DI CONTRAFFAZIONE, FALSITA’ IN MONETE, ALTERAZIONE E USO DI MARCHI O SEGNI DISTINTIVI (ART. 25bis)

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

Introduzione

Con l’introduzione dei delitti di contraffazione, alterazione e uso di marchi o segni distintivi, il legislatore ha inteso sanzionare gli enti collettivi per i reati di falso nummario, anche in forza degli obblighi comunitari che hanno avuto un ruolo decisivo: infatti, tale scelta è conseguenza della Decisione Quadro del Consiglio del 29 maggio 2000, avente ad oggetto il rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete. L’unione, infatti, aveva imposto di “adottare gli strumenti necessari per garantire che le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di contraffazione e falsificazione”.

Le ragioni delle esigenze di tutela previste a livello europeo risiedono nel fatto che, a differenza di quanto avviene in Italia, dove l’attività di conio e produzione di monete è monopolio statale, in altri Paesi europei tale attività è affidata anche ad enti privati.

È evidente, tuttavia, che le concrete possibilità di applicazione delle disposizioni in commento nel nostro paese siano molto poche.

Nonostante diversi reati di falso nummario (artt. 455 e 457 c.p.) potrebbero astrattamente configurarsi nell’ambito del contesto aziendale, la maggior parte dei reati di falsità in moneta realizzati in forma associativa sono espressione di una criminalità che non ricade nell’ambito di applicazione del d.lgs. 231/2001.

Tale forma di criminalità corrisponde a quella che viene definita dalla Relazione Ministeriale al decreto “impresa intrinsecamente illecita, il cui oggetto sia cioè proiettato in modo specifico verso la commissione di reati”. Il decreto 231 dedica all’impresa intrinsecamente illecita una sola disposizione, prevedendo l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività nel caso in cui “l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali è prevista la sua responsabilità” (art. 16 d.lgs. 231/2001).

  1. I reato presupposto

I reati presupposto di cui all’art. 25bis del D. Lgs. 231/2001 (“Delitti di contraffazione, falsità in monete alterazione e uso di marchi o segni distintivi”) sono:

– l’art. 453 c.p.: falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate;

– l’art. 454 c.p.: alterazione di monete;

– l’art. 455 c.p.:  spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate;

– l’art. 457 c.p.: spendita di monete falsificate ricevute in buona fede;

– l’art. 459 c.p.: falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati;

– l’art. 460 c.p.: contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo;

– art. 461 c.p.: fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata;

– l’art. 464 c.p.: uso di valori di bollo contraffatti o alterati;

– l’art. 473 c.p.: contraffazione, alterazione o usi di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni;

– l’art. 474 c.p.: introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

  1. Trattamento sanzionatorio

L’art 25 bis è un contenitore in cui sono confluite previsioni apparentemente eterogenee come risultato della stratificazione degli interventi normativi. In relazione a questi reati, puniti singolarmente con pene diverse, si applica all’ente la sanzione pecuniaria:

da 300 a 800 quote per l’ipotesi di falsificazione o spendita di monete falsificate (art. 453 c.p.);

fino a 500 quote per le ipotesi di alterazione di monete (art. 454 c.p.)

da 600 a 800 quote per le ipotesi

fino a 200 quote per le ipotesi di spendita di monte false e uso di valori di bollo contraffatti (300 quote nel caso previsto al comma 1);

fino a 500 quote per le due ipotesi di contraffazione previste agli artt. 473 e 474 c.p.

In caso di condanna per uno dei delitti richiamati dall’art. 25 bis, si possono irrogare le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2. In particolare, potranno essere applicate le sanzioni interdittive, fino al massimo di un anno:

– interdizione dall’esercizio dell’attività;

– sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni;

– divieto di contrarre con la p.a.;

– esclusione dalle agevolazioni, finanziamenti o contributi;

– divieto di pubblicizzazione di beni o servizi.

Inoltre, l’art. 463 c.p. ha previsto una causa di non punibilità per chi riesce, prima che l’autorità ne abbia notizia, a impedire la contraffazione, l’alterazione, la fabbricazione o la circolazione delle cose indicate negli artt. 453-462 c.p. La Giurisprudenza (sent. 2826/1983) ha ritenuto che tale clausola debba essere intesa come esimente, con decisivi risvolti in tema di responsabilità degli enti. In particolare, qualora la persona fisica appartenente all’ente si attivasse per impedire la contraffazione, l’alterazione, la fabbricazione o la circolazione di monete, carte di pubblico credito, valori di bollo, filigrane e carte filigranate, di tale condotta beneficerebbe anche l’ente stesso.

  1. Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

In relazione a tali fattispecie, non esistono specifici protocolli preventivi, anche in virtù della particolarità dei delitti e della loro area di incidenza.

È evidente che le ipotesi di falsificazione e contraffazione sono riferibili al fenomeno d’impresa intrinsecamente illecita. Assai più frequenti sono poi le imprese che perseguono un fine apparentemente lecito.

Sarà opportuno, in entrambi i casi, in sede di predisposizione del Modello tenere conto tanto delle condotte penalmente rilevanti e riferibili ai soggetti apicali, quanto della condizione di esclusione della punibilità, che – come detto – avrebbe interessanti ricadute anche in relazione alla contestazione all’ente. Si rende necessario, dunque, mappare all’interno dei modelli il rischio di commissione del reato e prevedere delle procedure e protocolli volti a neutralizzare le relative conseguenze.

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