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D.lgs. 231/2001 e sostenibilità: perchè è utile il modello?

Il modello 231 è un utile strumento di compliance aziendale, utile a monitorare e rafforzare i processi organizzativi legati alla sostenibilità. Il modello 231 è un modello organizzativo che prevede un sistema organico di regole e protocolli preventivi orientati alla minimizzazione del rischio di commissione dei reati previsti dal cd. “catalogo dei reati presupposto”.

Il consiglio per le imprese che hanno attuato o stanno aggiornando il proprio modello organizzativo è di integrarlo con le normative di conformità ambientale, sicurezza del lavoro, privacy: molti protocolli 231, infatti, possono essere adottati per gestire i rischi ambientali e sociali in ottica ESG.

La sostenibilità sta diventando un tema sempre più strategico per le imprese che vogliono affrontare le sfide di un mondo in continua e sempre più rapida evoluzione. La direttiva europea 2022/2464, impone da un lato di considerare i criteri di ecosostenibilità, rispetto dei diritti umani e trasparenza e dall’altro un preciso obbligo di rendicontazione annuale di tali fattori.

Ad oggi, quali sono gli strumenti in grado di fornire alle imprese un valido supporto quale punto di partenza per la costruzione di un sistema aziendale sostenibile ed al tempo stesso uno strumento di compliance utile a monitorare e rafforzare le procedure aziendali in chiave ESG.

Un utile strumento potrebbe rinvenirsi nella adozione ed efficace implementazione dei Modelli di Organizzazione e Gestione ex 231/2001.

Cos’è il Modello 231

Il D. lgs. n. 231/2001 ha introdotto il concetto di responsabilità per le persone giuridiche e degli enti collettivi (anche se privi di personalità giuridica), che ricorre al verificarsi di uno dei reati presupposto, laddove tali reati siano commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. 

Il modello organizzativo, previsto dall’art. 6, D. lgs. n. 231/2001, è lo strumento che, qualora
efficacemente attuato, consente di andare esenti da responsabilità. Si tratta di un sistema organico di regole e controlli preventivi orientati alla minimizzazione del rischio di commissione dei reati.

L’adozione del modello 231, con il quale si implementano dei presidi secondo un principio di “rischio accettabile”, commisurando l’intensità dei controlli al rischio effettivo di commissione dei reati, non è obbligatoria.

Il legislatore richiede che il modello,  sia sottoposto al controllo di un organismo autonomo e indipendente (Organismo di Vigilanza) che ne supervisioni l’adeguatezza e l’efficacia.

Modello 231 e sostenibilità

Considerando che il modello obbliga gli enti a mappare e monitorare continuamente la propria attività, i prodotti ed i servizi offerti, nonché i processi produttivi, nell’ottica della prevenzione dei rischi da reato, considerando che nel catalogo 231 sono previste diverse casistiche che riguardano i criteri di sostenibilità, è facile intravedere una connessione tra i due sistemi.

Il principio in comune è l’ottica della riduzione di rischio e della prevenzione.

Dei punti di contatto si trovano anche con riferimento alle singole materie trattate:

1) Ambiente:
• Reati ambientali
• Reati contro la PA in merito ad urbanizzazione e speculazione urbanistica
• Frode in Commercio
• Responsabilità
2) Sociale
• Reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro
• Reati contro la personalità individuale, con particolare riguardo al “caporalato”
Reati tributari
3) Governance
• Reati societari,
• Reati di riciclaggio e autoriciclaggio

Analizzando nella sintesi alcune fattispecie di reato è possibile comprendere come i protocolli adottati al fine della prevenzione rischio siano estremamente utili al fine di avere, da un lato un valido presidio per il monitoraggio e la governance degli indicatori ESG e dall’altro un criterio oggettivo da poter utilizzare quale presupposto oggettivo e verificabile della rendicontazione di sostenibilità.

A titolo esemplificativo:

  1. i protocolli volti ad assicurare che i prodotti aziendali siano configurati e presentati correttamente sul mercato, al fine di non incorrere nel reato di frode in commercio possono essere utilizzati anche nell’ottica di evitare la presentazione sul mercato di marchi di identificazione dei prodotti quali sostenibili laddove essi non lo siano;
  2. i protocolli 231 volti ad un adeguato controllo della catena di rifornimento, anche e soprattutto in termini della forza lavoro da questi utilizzata, potrebbero rivestire un ruolo chiave nella gestione degli indici di sostenibilità dell’impresa con riferimento al rispetto dei diritti umani;
  3. i controlli finalizzati alla corretta esposizione dei dati economici e patrimoniali della società al fine di non incorrere nei reati di false comunicazioni sociali o aggiotaggio potrebbero garantire che la società non pratichi un mero ecologismo di facciata;
  4. l’attività di formazione del personale, già elemento funzionale per l’efficienza del modello 231, potrebbe essere una leva di successo se mirato a rendere il proprio personale informato e formato anche in ambito ESG.

Una attività di gestione del rischio interno consistente nel risk assessment e negli audit interni, abbinata alla formazione e coinvolgimento del personale anche con apposite iniziative e tramite la sensibilizzazione nei confronti del Codice Etico delle società, sono una soluzione plausibile per la corretta implementazione dei valori tipici della sostenibilità in azineda.

I controlli e i presidi che le imprese già adottano nell’ambito dei propri modelli 231 possono dare un notevole aiuto alla gestione della transizione, se rivisti nell’ottica della sostenibilità e possono di conseguenza fornire un utile parametro oggettivo al fine di supportare la veridicità e la riscontrabilità delle informazioni che saranno rilasciate nel bilancio ESG.

Il modello 231 è un credibile e valido strumento per l’implementazione dei criteri di sostenibilità e per formulare un giudizio di adeguatezza ai principi di sostenibilità.

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