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CATALOGO 231: i delitti di criminalità organizzata (art. 24 ter)

DELITTI DI CRIMINALITA’ ORGANIZZATA (ART. 24 TER)

– Profili normativi, trattamento sanzionatorio e linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

Introduzione

L’art. 24 ter d.lgs. 231/2001 (“Delitti di criminalità organizzata”) è il frutto del grande ampliamento del catalogo 231 operato dal legislatore.

Con la legge n. 98/2009, tale articolo è stato inserito nel decreto legge, aggiungendo al novero dei reati presupposto i delitti associativi – o delitti di criminalità organizzata – che si caratterizzano per essere le fattispecie criminose di più complessa identificazione e gestione, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, mitigazione e tracciamento dei rischi.

L’applicabilità all’ente del reato in questione, si caratterizza per complessità interpretative e normative: si pensi, infatti, al confine fra il concorso di persone (art. 110 c.p.) e il reato associativo. A tal fine è utile richiamare la giurisprudenza di legittimità, che ha affermato che “ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere, è necessaria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune” (Cass. Pen, n. 20451 del 3 marzo 2013).

Al di là delle riflessioni giuridiche legate a tela fattispecie dal punto di vista strettamente penalistico, ciò che in questa sede rileva è che, ai fini dell’applicazione alla persona giuridica della norma in esame, occorre distinguere i tratti che caratterizzano l’organizzazione illecita. Sarà fondamentale valorizzare quegli elementi utili a distinguere l’ente lecito e virtuoso, nell’ambito del quale siano stati episodicamente commessi dei reati, dall’ente illecito e criminale, strutturalmente asservito alla realizzazione di condotte criminose: indici sintomatici di ciò, ad esempio, saranno la strumentazione di archiviazione, anche contabile, dedicata e parallela a quella lecita, così come la destinazione duratura di personale ed ambienti aziendali alla realizzazione di condotte illecite.

Non si deve, in alcun modo, sovrapporre una semplice e rudimentale predisposizione di mezzi con qualsiasi organizzazione aziendale. Ogni funzione aziendale è per sua stessa natura organizzata e strutturata, essendo caratterizzata dall’attività coordinata di più soggetti.

Dunque, perché possa sussistere la fattispecie associativa o la società è un mero schermo per l’attività illecita – e quindi è fraudolenta nella sua stessa genesi – oppure i sodali hanno costituito una struttura organizzata e dotata di mezzi, autonoma e distinta da quella societaria che, a causa delle carenze organizzative rilevanti per il d.lgs. 231/2001, ha dato la possibilità agli stessi di dar vita al sodalizio criminoso.

I reato presupposto

I reati presupposto di cui all’art. 24 ter del D. Lgs. 231/2001 (“Delitti di criminalità organizzata”) sono:

l’art. 416 comma 6 c.p.: associazione per delinquere aggravata

l’art. 416bis c.p.: associazione per delinquere di stampo mafioso

l’art. 416ter c.p.: scambio elettorale politico-mafioso

l’art. 630 c.p.:  sequestro di persona a scopo di estorsione

art. 74 T.U. D.P.R. 309/1990: associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

Trattamento sanzionatorio

In relazione ai reati previsti dal comma 1, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.

Al comma 2, è prevista una sanzione inferiore (da 300 a 800 quote) per l’associazione per delinquere semplice (art. 416 c.p. e per tutti quei reati richiamati dall’art. 407 c.p.p.

Si applicano inoltre le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 D. Lgs. 231/2001. Nello specifico, al ricorrere di alcuni presupposti quali: a) aver tratto dal reato un profitto di rilevante entità, ove il reato sia stato commesso da soggetti appartenenti alla struttura dell’ente b) in caso di reiterazione degli illeciti. Si applicano le sanzioni previste dall’art. 9 d.lgs. 231/2001 per la durata massima di un anno e, nei casi più gravi, fino a due anni.

Qualora i fatti facciano emergere la natura illecita dell’ente, il comma terzo della norma in esame prevede l’irrogazione della sanzione interdittiva della definitiva interdizione dall’esercizio dell’attività d’impresa.

Linee guida per la redazione del Modello Organizzativo

In relazione a tali fattispecie, occorre osservare che, il principio di tassatività sia stato spesso violato da diverse pronunce che hanno ritenuto soddisfatto l’elemento dell’organizzazione di uomini e mezzi.

Va ricordato, per prima cosa, che questo reato è astrattamente idoneo a generare un profitto sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente, in via autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine.

Un grande rischio, a livello ermeneutico, è costituito dalla lettura che spesso si è data dell’art. 24 ter, che è stato inteso come clausola aperta capace di trasformare la responsabilità da reato dell’ente da relativa ad assoluta: l’art. 24 ter è stato definito dalla dottrina una norma “pass-par-tout”.

La Cassazione in proposito ha affermato che la norma si trasformerebbe, in violazione del divieto di tassatività del sistema sanzionatorio, in una disposizione “aperta” dal contenuto elastico, potenzialmente idoneo a ricomprendere nel novero dei reati presupposto qualsiasi fattispecie di reato, con il pericolo di un’ingiustificata dilatazione dell’area di potenziale responsabilità dell’ente collettivo”.

Infatti, sulla scorta di questa lettura, gli organi societari sarebbero costretti ad adottare modelli organizzativi senza alcun criterio di riferimento e senza una vera e propria efficacia.

L’attività di mappatura dei rischi dovrebbe tenere in considerazione, in ottica prudenziale, tutte le fattispecie criminose astrattamente realizzabili all’ambito associativo. Sarebbe opportuno, secondo un diverso approccio, limitare la mappatura dei reati già inclusi nell’elenco di cui al d.lgs. 231/2001, anche in coerenza del principio di tassatività.

Ad ogni modo, sarà opportuno:

  • compiere una valutazione dei rischi più ampia possibile, ponendo l’attenzione tanto sulle fattispecie associative quanto sulle caratteristiche dell’attività aziendale;
  • con riferimento al rischio di infiltrazioni mafiose, sarà opportuno prevedere idonei presidi di controllo interno nelle fasi di selezione del personale;
  • porre l’attenzione in particolare su tutte quelle aree di rischio legate a reati tributari, societari, riciclaggio ecc. utili ad evitare il finanziamento di una struttura illecita dietro all’organizzazione lecita;
  • valutazione del rischio e definizione dei presidi di controllo da inserire nel Modello nella fase di
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