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Il Modello organizzativo riparatorio

Non basta l’adozione formale del modello “riparatorio” per far determinare il ricorrere dell’attenuante di cui all’art. 12 d.lgs. 231/2001, essendo invece necessaria la reale e concreta attuazione dei presidi di controllo in esso contenuti che si traduce nell’implementazione delle procedure attuative dei protocolli contemplati nel modello stesso ed in una specifica e documentata attività di verifica e controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza istituito a tal fine.

La Corte di Cassazione penale, sez. III si è pronunciata in questo modo con la sentenza n. 49396 del 23/11/2023.

La vicenda traeva origine dalla pronuncia del Tribunale di primo grado che condannava la società ricorrente alla sanzione pecuniaria di euro 129.000,00, in relazione all’illecito amministrativo da reato di cui all’art. 25-undecies comma 2, D.Lgs. 231/2001 (reati ambientali), connesso al reato presupposto di cui all’art. 256, commi 1 e 2, D.Lgs. 152/2006 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata).

Il presidente del CdA, nonchè legale rappresentante della società, avrebbe di fatto consentito, a interesse o vantaggio dell’ente, che gli impianti di depurazione siti in località effettuassero uno smaltimento illecito di fanghi di depurazione prodotti, valutabile nell’ordine di centinaia di tonnellate, diluendo con i medesimi le acque reflue di scarico, ovvero sversando tali fanghi direttamente nel corso d’acqua.

Avverso la sentenza veniva proposto ricorso per Cassazione.

Fra i diversi motivi, è di interesse quello relativo all’attenuante per l’adozione di un efficace Modello di organizzazione gestione e controllo.

L’art. 6 del d.lgs. 231/2001, la responsabilità dell’ente è esclusa se ricorrono le seguenti condizioni:

  • avere adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • aver affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento.

Il modello 231, infatti, svolge un’altra funzione oltre a quella esimente: esso può svolgere – se adottato successivamente alla commissione dell’illecito presupposto – anche una funzione di attenuante della sanzione. Nel caso in cui sia stato adottato e reso operativo un modello organizzativo post factum idoneo a prevenire reati della specie di quelle verificatosi, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, lettera b) del decreto, è prevista una diminuzione della pena da un terzo alla metà.

La Suprema Corte, nel rigettare ilo ricorso osservava come già in precedenti occasioni (v. Sez. 4, n. 38025 del 1 5/09/2022) era stato chiarito che “la mera adozione del modello non è sufficiente a far scattare l’attenuante; ed invero, come specificamente richiesto dalla lettera della norma, è necessario che tale modello sia reso operativo e che sia anche «idoneo» a prevenire la commissione di reati della stessa specie”.

Secondo la Cassazione, non sussiste alcun automatismo tra l’adozione del modello e la concessione dell’attenuante che è subordinata ad un giudizio di natura fattuale, essendo il giudice tenuto a verificare se la lettera della norma sia stata rispettata specificatamente e nel suo complesso.

Un elemento comprovante l’effettività dell’adozione del Modello potrebbe essere l’evidenza dei flussi informativi in entrata ed in uscita dall’OdV, a dimostrazione della sua concreta attività nella società (costante aggiornamento, formazione, mappatura dei processi sensibili, adozione di un codice di condotta, ecc.).

In conclusione, la Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio al Tribunale di primo grado, in diversa composizione, per la rideterminazione della pena pecuniaria, in quanto la sentenza impugnata irroga la sanzione pecuniaria nella misura di trecento quote, laddove, invece, l’art. 25 undecies, comma 2, lettera b), n. 1), del D.Lgs. 231/2001 prevede la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote. La pena concretamente irrogata era pertanto superiore al massimo edittale ed è da considerarsi illegale.

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