All’impresa individuale, che non costituisce un autonomo soggetto di diritto distinto dalla persona fisica dell’imprenditore, non si applica la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti.
La Corte di Cassazione ha ribadito il proprio consolidato orientamento con la sentenza n. 45534 del 13 novembre 2023.
Il caso prendeva le mosse dall’ordinanza del Tribunale del riesame di Modena che confermava i decreti di sequestro probatorio emessi dalla Procura Europea presso il Tribunale di Bologna due mesi prima ed eseguito nei confronti dei due imputati.
Uno dei due, in qualità di titolare di un’impresa individuale, era stato indagato dei reati previsti e punti dagli articoli 2 e 8 d.lgs. 74/2000, per gli anni di imposta dal 2018 al 2021 in relazione alle dichiarazioni Iva. Inoltre, gli veniva contestato anche il reato di omessa dichiarazione Iva per l’anno 2018, relativamente all’impresa individuale di cui era titolare e, quale rappresentante legale di un’altra s.r.l., l’illecito di cui all’art. 25 quinquiesdecies d.lgs. 231/2001 (reati tributari), in relazione agli stessi reati contestati (artt. 2, 5 e 8 d.lgs. 74/2000).
Contestualmente veniva disposto il sequestro probatorio dei documenti e del materiale informatico rinvenuto nella disponibilità dell’indagato.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, veniva proposto ricorso per Cassazione.
Fra le doglienze, l’interessato lamentava la violazione degli artt. 34, 35, 39, 40 del d.lgs. 231/2001 e gli artt. 63, 365 e 178, comma 1, lett. c), c.p.p., con conseguente nullità del sequestro disposto e inutilizzabilità delle sue risultanze nei confronti delle società, sia la s.r.l. sia l’impresa individuale. Entrambe le società, al momento del sequestro, sarebbero state prive di un difensore d’ufficio
Il Tribunale del riesame avrebbe, stando alla difesa, erroneamente ritenuto che non vi fosse la necessità di procedere alla nomina di un difensore d’ufficio, in quanto una società non potrebbe ontologicamente considerarsi presente in un luogo.
Infatti, l’art. 39 (incompatibilità del difensore), 34 e 35 (rinvio al codice di rito in quanto compatibile) e 40 (assistenza difensore d’ufficio per l’ente) del d.lgs. 231/2001, avrebbe dovuto essere stato nominato un difensore delle due società.
Preliminarmente, occorre precisare che cos’è un’impresa individuale. Si tratta di una persona giuridica dove l’attività viene svolta unicamente da un solo soggetto, il titolare dell’impresa appunto, il quale può tuttavia avvalersi di collaboratori o dipendenti. Il titolare dell’impresa è, dunque, l’unico responsabile della gestione dell’impresa.
Si distingue dalla società unipersonale che, invece, è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio, con un proprio patrimonio e un proprio centro di imputazione di interessi, un soggetto a cui la legge riconosce una personalità diversa rispetto a quella della persona fisica.
Per questi motivi, infatti, alla società unipersonale si applica la normativa 231.
La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito come “all’impresa individuale, che non costituisce un autonomo soggetto di diritto distinto dalla persona fisica dell’imprenditore, non si applica la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, riferita ai soli soggetti collettivi”, coerentemente con il suo orientamento giurisprudenziale (Cass. Pen. N. 30085 del 16 maggio 2012, Sez. VI; Cass. Pen. N. 45100 del 16 febbraio 2021, Sez. VI).
Per tale impresa individuale, infatti, è sufficiente la nomina di un difensore d’ufficio, che era stata effettivamente disposta.
L’art. 1 del d.lgs. 231/2001 definisce l’ambito soggettivo di applicazione della responsabilità amministrativa da reato indicando espressamente gli enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che rientrino anche tutti i soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridica e dallo scopo lucrativo o meno perseguito.
Si tratta di una responsabilità autonoma, attribuita ad un soggetto distinto dalla persona fisica autrice del reato presupposto: questo mancherebbe nel caso di impresa individuale per cui la normativa non troverebbe applicazione nei riguardi dell’imprenditore individuale perché in questo caso non solo non esiste una dualità soggettiva tra autore del reato presupposto e autore dell’illecito dell’ente, ma appunto non esiste neppure un soggetto meta-individuale.
Sulla scorta del precedente citato (Cass. Pen. N. 45100 del 16 febbraio 2021, Sez. VI) è stato ritenuto che “l’accertamento deve basarsi non tanto su criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto piuttosto su criteri funzionali, fondati sulla possibilità o meno di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo governa, e dunque, sulla possibilità o meno di configurare una colpevolezza dell’ente disgiunta da quella dell’unico socio”.
Si deve valorizzare, dunque, l’esistenza di un interesse sociale e del suo effettivo perseguimento, tenendo presente che l‘imputazione dell’illecito all’ente richiede un nesso “funzionale” tra persona fisica ed ente e che la responsabilità dell’ente è esclusa quando le persone fisiche abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.