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Impugnazione dell’ente contro il verbale di sequestro ritenuto abnorme

Non è possibile ricorrere per Cassazione contro il verbale di sequestro preventivo redatto dalla polizia giudiziaria a carico dell’ente.

E’ quanto emerge dalla sentenza della II sez. della Corte di Cassazione n. 19548 del 16 maggio 2024.

Nella vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, una s.p.a. era imputata per l’illecito amministrativo dipendente da reato previsto e punito dall’art. 24 d.lgs. 231/2001 e come terza interessata alla restituzione dei beni e dei valori in sequestro, ha proposto ricorso avverso il verbale di sequestro preventivo e di restituzione redatto dalla polizia giudiziaria, denunciandone l’abnormità.

Con il ricorso proposto nell’interesse della persona giuridica imputata per l’illecito amministrativo, si deduce l’abnormità dell’atto redatto dalla polizia giudiziaria, in quanto espressivo dell’esercizio di una funzione riservata all’autorità giurisdizionale ed esercitata al di fuori dei poteri attribuiti alla polizia giudiziaria. Ciò legittimerebbe il ricorso proposto poiché, pur trattandosi di atto non giurisdizionale, di certo invade l’area dei poteri spettanti all’autorità giurisdizionale.

Inoltre, non si poteva evocare la prosecuzione di un’attività meramente esecutiva avendo già individuato nella prima fase di esecuzione i beni da sottoporre al sequestro finalizzato alla confisca , ponendosi ulteriormente fuori da ogni legittima area d’operatività le successive operazioni documentate.

I Giudici della Cassazione hanno così dichiarato inammissibile l’impugnazione. L’abnormità è una categoria giurisprudenziale che riguarda i provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria. In alcuni casi si è ritenuto che tale vizio consenta l’impugnazione in sede di legittimità anche dei provvedimenti emessi dal PM, a condizione dell’accertata invasione dei poteri spettanti al giudice, con l’illegittima sostituzione alle prerogative dell’autorità giudicante.

E’ pur vero che in nessuna precedente occasione si è affrontato il profilo della proposizione del ricorso per Cassazione, sotto il profilo dell’abnormità, di atti redatti dalla polizia giudiziaria.

La categoria dell’abnormità degli atti processuali si  caratterizza per la connessione con il principio desumibile dagli artt. 177 e 586 c.p.p.: la tassatività delle ipotesi di nullità degli atti e dei mezzi di impugnazione ha condotto la giurisprudenza ad individuare nella figura dell’abnormità lo strumento per garantire il diritto dell’impugnazione diretta davanti alla Corte di Cassazione dei provvedimenti che si caratterizzano per la deviazione, strutturale o funzionale, dagli schemi predisposti dal legislatore.

Pur volendo accostare la presente fattispecie a quella dell’atto del PM che invade i poteri dell’autorità giurisdizionale, come correttamente osservato dalla PG nelle sue conclusioni non ricorrono le condizioni per una siffatta equiparazione.

Non è possibile ritenere tale verbale abnorme, dal momento che “la polizia giudiziaria, a fronte del decreto di sequestro preventivo emesso, ha proceduto, sulla scorta di nuove emergenze fattuali accertate nel corso delle indagini, alla materiale individuazione dei beni da apprendere, nei limiti del valore indicato nel provvedimento del Giudice come corrispondente al profitto del contestato delitto di truffa aggravata, senza che sia apprezzabile alcuna ingerenza degli organi di polizia nelle prerogative giurisdizionali”.

Non può evocarsi il pericolo che si venga a determinare un vuoto di tutela per la parte incisa dall’atto posto in essere dalla polizia giudiziaria, in difetto della possibilità di proporre ricorso in sede di legittimità avverso quell’atto.

L’ente, infatti, invece di ricorrere per Cassazione, avrebbe dovuto formulare istanza di revoca del sequestro al Pubblico Ministero e, in caso di parere negativo, al Giudice procedente.

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