Il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto é in condizione di incompatibilità per la nomina del difensore dell’ente.
Così si è espressa la II Sez. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38149/2022, sulla scia dell’orientamento “Gabbrielloni”, tornando a pronunciarsi sul tema della nomina del difensore della persona giuridica, da parte del legale rappresentante, indagato per la commissione del reato presupposto, nel medesimo procedimento.
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L’incompatibilità e la vicenda processuale
Il difensore di una società a responsabilità limitata, ricorreva avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP, che aveva ritenuto sussistente la responsabilità amministrativa della società per l’illecito di cui al d.lgs. 231/2001, relativamente al reato di concorso in truffa continuata in danno dello Stato (art. 640 bis c.p.).
Il Tribunale di Trani con ordinanza dichiarava inammissibile l’impugnazione, poiché presentata dal difensore dell’ente – nominato dal suo rappresentante legale – indagato per il reato da cui dipendeva l’illecito amministrativo.
Tale comportamento risultava censurabile ai sensi dell’art. 39, comma 1 dello stesso decreto, il quale prevede che “l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo”.
Considerato che nell’art. 39 non si parla dell’imputazione formulata nei confronti dell’ente, ma dell’imputato persona fisica, si giungeva alla conclusione che l’ambito di applicazione dell’eccezione prevista dal suddetto articolo, andasse circoscritto al caso in cui il legale rappresentante dell’ente fosse anche l’imputato, non a quella in cui fosse ancora solo indagato.
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L’intervento della Suprema Corte
Il difensore dell’ente presentava ricorso per Cassazione, chiedendo alla Corte di pronunciarsi anche sulla nullità assoluta dell’ordinanza, dovuta alla omessa notifica della fissazione dell’udienza.
Nel rigettare il ricorso, la Cassazione chiariva che il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore di fiducia dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39”.
Dichiarava inoltre “inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo”.
Tale decisione non è una “soluzione formalistica” poiché la nomina del difensore di fiducia dell’ente compiuta del suo legale rappresentante, il quale si trovi in una inevitabile condizione di incompatibilità, è configurabile alla stregua di un atto potenzialmente e concretamente produttivo di effetti dannosi dal punto di vista delle scelte difensive e strategiche dell’ente.
Occorre in sostanza evitare, in tale sede, un contrasto fra le scelte gestionali del legale rappresentante e quelle processuali del difensore, a vantaggio dell’ente stesso.