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Rating di legalità revocato ad una società dotata del Modello 231

L’adozione del Modello di organizzazione gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001 non consente all’impresa di mantenere il rating di legalità, nel caso in cui un proprio esponente abbia riportato una condanna, non essendo tale da garantire la completa ed effettiva dissociazione dalla condotta posta in essere da un soggetto riferibile all’organizzazione, rispetto ai reati ostativi al rilascio del rating.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 17101 del 2 ottobre 2024 del TAR Lazio, Sez. I.

La vicenda originava dal ricorso presentato da una s.p.a. a seguito della comunicazione della revoca del rating di legalità. La ricorrente rappresentava di avere ottenuto il rating di legalità nel 2022 con il massimo delle “stellette” ma, successivamente, il Tribunale di Venezia aveva condannato l’Amministratore delegato della società per il reato di lesioni personali colpose in violazione della disciplina sulla sicurezza sul lavoro.

Avverso la sentenza di condanna l’Amministratore delegato della società ricorrente aveva presentato appello. Nel frattempo, tuttavia, la pronuncia non era divenuta definitiva e veniva disposta la revoca del rating di legalità.

Le motivazioni del ricorso si fondavano sull’erronea applicazione del Regolamento attuativo in materia di rating di legalità. Stando alla ricorrente, la locuzione “sentenza di condanna”, contenuta nel Regolamento rating, avrebbe dovuto essere interpretata come comprensiva delle sole sentenze di condanna definitive e, dunque, passate in giudicato, nel rispetto del principio della presunzione di innocenza.

L’art. 2 del Regolamento stabilisce, fra i requisiti per l’ottenimento del rating, che l’aver dimostrato “che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta posta in essere rispetto ai reati ostativi al rilascio del rating”. Nel caso di specie, il modello organizzativo adottato avrebbe dovuto essere considerato come equivalente alla completa “dissociazione” dalle condotte contestate all’Amministratore delegato.

Nel frattempo, il Tribunale di Venezia aveva assolto la società con riferimento all’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies del D.Lgs. n. 231 del 2001, valorizzando l’adozione del modello organizzativo adottato e, perciò, la revoca del rating sarebbe illegittima.

Il giudice amministrativo, rigettando il ricorso, ha precisato che il Regolamento stabilisce che per conseguire le “stellette” l’impresa deve dichiarare che nei confronti dei propri amministratori non siano state pronunciate sentenze di condanna e che è sufficiente, ai fini della revoca, anche la semplice sentenza non definitiva per uno dei reati espressamente contemplati.

Questo perchè il rating ha una finalità premiale, volta alla promozione di principi di condotta etica in ambito aziendale tramite l’assegnazione di un riconoscimento indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese.

Inoltre, come già affermato in precedenza dal Tar Lazio (sez. I, sentenza n. 18115 del 4 dicembre 2023) “anche la condanna non definitiva è sintomo del vulnus all’immagine di integrità morale del soggetto”.

Tale assunto non contrasta con i principi costituzionalmente tutelati dagli artt. 27 e 41 Cost. poiché il Regolamento è chiaro nell’individuare le condizioni di accesso al rating di legalità.

L’adozione di un modello 231, pur dichiarato idoneo dal giudice penale, non vale ad assicurare una dissociazione dell’impresa rispetto al reato della persona fisica, “non potendosi riconoscere il requisito premiante ad una società che si avvalga di un soggetto attinto da una condanna penale, seppure di lieve entità. Il precedente penale, infatti, condiziona certo negativamente l’immagine di affidabilità e di assoluta integrità dell’ente”.

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