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La Riforma Cartabia e modifiche al d.lgs. 231/2001

La Riforma Cartabia è intervenuta anche sul d.lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti.

  • Le modifiche al d.lgs 231/01

Il D.L.150/2022, il quale ha delegato a legiferare sull’efficienza del processo penale e in materia di giustizia riparativa, ha infatti previsto anche alcune modifiche volte allo snellimento della definizione dei procedimenti giudiziari.

  1. Fra le più rilevanti modifiche, vi è quella relativa all’art. 64 (“Procedimento per decreto”). Si è previsto, in particolare, che il Pubblico Ministero che ritenga di applicare la sola sanzione pecuniaria potrà richiedere al giudice per le indagini preliminari l’emissione del decreto di applicazione, indicando la misura della pena pecuniaria stessa, entro un anno dalla data dell’annotazione dell’illecito amministrativo nel registro di cui all’art. 55 e previa trasmissione del fascicolo.
  2. Dal punto di vista sostanziale, la Riforma Cartabia (art. 2 del Decreto) ha inciso sugli artt. 640 e 640-ter c.p., modificando, di conseguenza, gli artt. 24 (“Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture”) e 25-octies-1 (“Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti”) del d.lgs. n. 231/2001.
  3. Sotto il profilo processuale, invece, la riforma incide sulle dinamiche del procedimento, con risvolti pratici anche rispetto alle persone giuridiche.
  • Perplessità e prospettive della Riforma Cartabia

L’obiettivo dichiarato della riforma è quello di ridurre i tempi e rendere più rapido ed efficiente il procedimento penale.

Ci si interroga tuttavia sulle possibili conseguenze di un tale intervento, con particolare riferimento alla prescrizione (art. 22) e all’improcedibilità dell’azione.

Come noto, il legislatore non è intervenuto eccessivamente sul decreto 231, ma nonostante ciò, le norme del codice di rito si applicano all’ente “in quanto compatibili”.

Ne deriva che il nuovo articolo 344 bis c.p.p., in materia di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio d’impugnazione, potrebbe avere ricadute sul procedimento nei confronti dell’ente. Tale modifica persegue infatti lo stesso scopo che si propone per le persone fisiche, cioé quello di dare concreta attuazione al principio della ragionevole durata del processo.

L’effetto positivo della modifica legislativa introdotta dalla Riforma Cartabia in materia di D. Lgs 231/01, in sostanza, potrebbe manifestarsi nella  più rapida definizione dei processi nei confronti delle società, evitando così ricadute che potrebbero danneggiare non solo gli imprenditori, ma anche la programmazione aziendale.
A sostegno di ciò, l’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione si è espresso in questi termini: “ove il giudizio non possa essere proseguito, a causa del superamento dei termini di legge, dovrebbe cessare anche il processo a carico dell’ente”.

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