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Riforma fiscale: l’attuazione del ne bis in idem

Il ne bis in idem nella riforma fiscale

Con la legge-delega 9 agosto 2023, n. 111 (rubricata: “Delega al Governo per la riforma fiscale), l’Esecutivo è stato delegato a procedere ad un’imponente riforma del sistema fiscale. Il perimetro entro cui esercitare la delega è molto ampio: fra i vari temi, all’attenzione del Governo è stato affidato anche quello della «revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale» (art. 20).

Attualmente, il sistema sanzionatorio vigente in materia penal-tributaria comprende varie tipologie di sanzioni, che si articolano fra sanzioni comminate nei confronti delle persone fisiche (in proprio o in qualità di legali rappresentanti di Enti) e sanzioni comminate direttamente nei confronti delle persone giuridiche.

Con specifico riferimento alle fattispecie di reato previste dal D. Lgs. 74/2000, a seguito della riforma attuata con L. 124/2019, ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001, alcune di esse rilevano quale fonte di responsabilità amministrativa da reato nei confronti delle persone giuridiche.

La riforma fiscale interviene, pertanto, in un quadro normativo che prevede in relazione allo stesso fatto storico (c.d. idem factum):

  • a carico delle persone fisiche, rilevanti sanzioni amministrativo-tributarie e, parallelamente, sanzioni penali;
  • a carico delle persone giuridiche, le medesime sanzioni amministrativo-tributarie e, parallelamente, sanzioni amministrative dipendenti da reato (pecuniarie e interdittive).

I criteri direttivi della legge-delega: quali sono le prospettive di riforma all’orizzonte?

La legge delega riguarda un fronte molto vasto di intervento. In questa sede, per confinare l’area del contributo, ne sarà analizzato solamente l’art. 20, rubricato: «Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale».

I criteri direttivi sono individuati facendo riferimento a tre macro-aree di intervento:

  • aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali;
  • aspetti relativi alle sole sanzioni penali;
  • aspetti relativi alle sole sanzioni amministrative.

Nella prima area d’intervento si colloca uno degli obiettivi principali della riforma, cioè quello di definire un sistema sanzionatorio maggiormente attento alle istanze di “equo trattamento” di cui è portatore il contribuente/imputato.

Lungo questa direttrice si colloca l’esigenza di razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, realizzando una «maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzioni, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem».

La giurisprudenza euro-comunitaria e sovra-nazionale in tema di ne bis in idem

Secondo la giurisprudenza (ormai consolidata) della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte EDU, un ordinamento giuridico che sanziona il medesimo fatto storico con una pluralità di sanzioni (sia formalmente penali, sia “formalmente amministrative” ma “sostanzialmente penali”) può realizzare una violazione del divieto di bis in idem – contemplato dall’art. 4 del Protocollo addizionale n. 7 della CEDU e dall’art. 50 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE – ossia di quel principio che vieta di sottoporre lo stesso soggetto ad un duplice procedimento per il medesimo fatto storico.

Non ogni “doppio binario sanzionatorio” comporta una violazione del divieto di bis in idem: sul punto, con la sentenza A. & B. c. Norvegia (Grande camera della Corte EDU, Ric. n. 24130/11 e 29758/11), la Corte di Strasburgo ha precisato che non si realizza una violazione del divieto di un doppio giudizio sul medesimo fatto quando, fra i due procedimenti, sussiste una “stretta connessione sostanziale e temporale”, tale per cui i due procedimenti – integrandosi a vicenda – non comportano un’eccessiva dilungazione dei tempi procedimentali (es. come accade in caso di duplicazione dell’assunzione dei mezzi di prova), sono in grado di sanzionare un diverso disvalore del fatto storico e, soprattutto, non realizzano una duplicazione del trattamento sanzionatorio nei confronti del soggetto interessato.

Soprattutto quest’ultimo aspetto, ossia la complessiva proporzione del trattamento sanzionatorio, è fondamentale nel giudizio di conformità rispetto al divieto di bis in idem. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi nel caso Menci c. Italia (CGUE, 20 marzo 2028, causa C-524/15), aveva rilevato la conformità dell’ordinamento giuridico italiano rispetto al divieto di bis in idem, essendo questo in grado di garantire la complessiva proporzione sanzionatoria attraverso il meccanismo previsto dall’art. 21 del d.lgs. 74/2000, secondo cui l’esecuzione delle sanzioni applicate in sede tributaria è sospesa sino alla definizione del parallelo procedimento penale per i reati di cui al medesimo decreto legislativo.

A questa approvazione seguiva, però, un monito da parte dei giudici di Lussemburgo: in ogni caso, è sempre necessario guardare alla concreta applicazione delle norme da parte delle Autorità Giudiziarie nazionali, dovendo il giudice del secondo procedimento (ossia, di norma, il giudice del procedimento penale) ponderare le sanzioni da irrogare tenendo conto di quanto già applicato nei confronti del reo nel giudizio amministrativo-tributario.

L’integrazione delle sanzioni amministrative e penali in adeguamento al ne bis in idem

Come detto, uno degli ambiti di intervento della riforma in atto riguarda proprio l’integrazione delle sanzioni amministrative e penali in adeguamento al divieto di bis in idem in materia tributaria.

La giurisprudenza sopra riassunta definisce, implicitamente, le direttrici lungo cui muoversi: prevedere dei meccanismi che, evitando una sovrapposizione delle sanzioni amministrative e penali, favoriscano una loro integrazione e non comportino un irragionevole aggravio del trattamento sanzionatorio complessivamente risultante.

La soluzione più immediata è quella di prevedere, anche in materia tributaria, lo stesso meccanismo previsto dall’art. 187-terdecies del d.lgs. 58/1998 (c.d. Testo Unico sulla Finanza).

Tale meccanismo, che si fonda su una sorta di “compensazione sanzionatoria”, prevede che – quando per lo stesso fatto è stata applicata, a carico del reo o dell’ente, una sanzione amministrativa pecuniaria ovvero una sanzione penale ovvero ancora una sanzione amministrativa dipendente da reato – l’Autorità giudiziaria tenga conto, al momento di irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle “misure punitive” già irrogate nel precedente giudizio.

È ormai pacifico in giurisprudenza che nel concetto di “misure punitive”, oltre alle sanzioni pecuniarie (applicate in sede amministrativa) e alle pene pecuniarie o detentive (applicate in sede penale), rientrino anche le pene accessorie (come le sanzioni interdittive) e le misure ablatorie (fra cui la confisca).

La posizione dell’Ente “imputato” ai sensi del d.lgs. 231/2001

Come noto, ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001, i reati tributari rilevano anche quale reato-presupposto della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche.

Tale previsione comporta che per il medesimo fatto storico, oltre alle sanzioni (amministrative e penali) applicate nei confronti della persona fisica legale rappresentante dell’Ente, siano previste altrettante sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti della persona giuridica.

L’evoluzione giurisprudenziale ha dimostrato una prassi “elusiva” del divieto di bis in idem nei confronti degli Enti: facendo leva sulla diversità soggettiva degli autori degli illeciti (da una parte, la persona fisica e, dall’altra, la persona giuridica), la giurisprudenza non riconosceva una violazione del divieto di bis in idem quando, per lo stesso fatto storico, erano comminate congiuntamente sanzioni a carico del legale rappresentante e dell’ente stesso.

In parole più semplici: in tali casi, non opera il divieto di bis in idem in quanto manca l’elemento dell’identità dei soggetti sottoposti al doppio procedimento, essendo i soggetti autori degli illeciti formalmente distinti.

È logico che le istanze di effettiva razionalizzazione del sistema sanzionatorio, finalizzate a favorire una maggiore integrazione delle sanzioni amministrative e penali, impongono un superamento di tale impostazione “formalistica” a beneficio di un’impostazione che, invece, prenda come punto di riferimento l’identità del fatto storico materiale (es. l’omesso versamento o l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente od oggettivamente inesistenti) da cui si diramano le due categorie di illeciti (a carico della persona fisica e a carico dell’ente).

In definitiva, per realizzare un’effettiva integrazione delle sanzioni ed evitare la violazione del principio del ne bis in idem, questo principio dovrà essere ancorato al “medesimo fatto storico in senso naturalistico”, di tal che si avrebbe una violazione del divieto di bis in idem ogniqualvolta siano instaurati due procedimenti ed applicate molteplici sanzioni – che abbiano ad oggetto fatti che originano dall’idem factum storico, ossia dallo stesso evento naturalistico, indipendentemente dalla diversità soggettiva degli autorisenza che fra le stesse sia operato un meccanismo di compensazione sanzionatoria tale da rendere il complessivo trattamento sanzionatorio proporzionato all’effettivo disvalore del fatto.

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