La Sez. IV della Corte di Cassazione, con la sentenza n.30814/2022, pronunciandosi sul delicato tema della sicurezza sul lavoro e sui profili di colpa in capo al lavoratore infortunato, ha espresso un interessante principio.
Infatti, qualora la condotta del lavoratore non venga ritenuta anomala e imprevedibile a tal punto da assurgere a causa sopravvenuta sufficiente a produrre l’evento, permane la responsabilità in capo al datore di lavoro.
Nel dettaglio al datore di lavoro della vittima veniva contestato il reato di omicidio dovuto a negligenza, imprudenza, imperizia e comunque in violazione di norme di legge, in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (D.lgs 81/2008).
Come noto, tale fattispecie è richiamata anche dal d.lgs. 231/2001, all’art.25 septies, derubricato “Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro“.
La colpa consisterebbe nell’aver incaricato la vittima di eseguire dei lavori di scavo in prossimità di una linea elettrica trifase (da 400 V e 15KW) “in assenza di adeguata formazione e informazione del lavoratore sui rischi specifici cui era esposto in relazione all’attività svolta, nonché di adeguata formazione e addestramento in rapporto alla sicurezza relativamente alle condizioni di impiego del mezzo e alle situazioni anomale prevedibili”.
Si ribadisce, insomma, la centralità della formazione e informazione del lavoratore, nel contesto aziendale, sui rischi cui era esposto durante l’attività, nonché di approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, obblighi richiamati dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro.
A seguito della sentenza di condanna del Tribunale di primo grado, la Corte d’appello di Palermo assolveva l’imputato dopo aver disposto una perizia che interrompeva il nesso causale fra l’evento e la condotta del datore di lavoro “in ragione della condotta “abnorme” del lavoratore in quanto tale da attivare un rischio eccentrico e esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della “posizione di garanzia””.
Il ricorso per Cassazione veniva giudicato ammissibile. Gli Ermellini sottolineavano che il datore di lavoro fosse esonerato da responsabilità solamente quando “il comportamento del lavoratore e le sue conseguenze presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute”.
Il rimprovero mosso al datore di lavoro è la mancata adozione di condotte atte a prevenire il rischio di infortuni: “la condotta esorbitante e colposa del lavoratore, idonea a escludere il nesso causale, non è stata considerata quindi solo quella esorbitante dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell’ambito delle stesse, abbia attivato un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto su cui grava la relativa gestione”.
Inoltre, si aggiunge che, qualora l’evento si sia verificato a seguito di una violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro, il comportamento del lavoratore che non abbia seguito elementari norme di sicurezza non può considerarsi né eccentrico né tantomeno esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia.
Il comportamento del lavoratore che conduce all’evento dannoso va valutato assieme al relativo contesto lavorativo, considerando se le misure adottate sono state inidonee ovvero se sono mancate e, in questo caso, dimostrare che se fossero state adottate, avrebbero neutralizzato il rischio di tale comportamento.